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Una gita al lago di Mergozzo

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Fino a una decina di anni fa non aspettavo altro che l'estate per inforcare la bicicletta (una mountain bike, in effetti) e salire su da Domanico fino a Potame. La strada si snodava tra curve e curve all'interno della montagna, con alcuni tratti più difficili e altri più semplici (almeno a livello di pendenza) circondata da alberi che rendevano l'aria fresca anche in giornate dal caldo torrido. In un punto abbastanza facilmente raggiungibile si trovava un posto in teoria da pic-nic con una fontanella chiamato dai più monte che a volte si poteva utilizzare come "punto di ristoro" per spezzare la scalata e raccogliere le forze prima del tratto più lungo. A volte, però, era la vera meta della scalata pomeridiana semplicemente perché era un bel posto dove fermarsi e passare qualche decina di minuti al fresco tra gli alberi, magari camminando tra l'erba alta o, con l'avvicinarsi dell'inverno, tra le prime foglie ingiallite.
Un po' la nostalgia di tutto questo, un po' il desiderio di staccare dalla città, un po' il senso di libertà che si raggiunge camminando in mezzo a luoghi del genere mi avevano spinto da un po' di tempo a pensare a qualcosa che potesse riportarmi a quei giorni. Così, sostituendo la bici con il treno, ho cercato un posto facilmente raggiungibile in giornata da Milano e sono incappato nel lago di Mergozzo. Non sto a raccontarvi proprio tutto (vi rimando al sito da cui ho preso l'itinerario che ho scelto), se non che la cima alla fine non l'ho raggiunta un po' per via del mio continuo divagare dal percorso segnato, un po' per la combinazione di stanchezza e fame, così tra le 12:30 e le 13:00 mi sono diretto verso Mergozzo per giungere alla riva del lago e chiudere una mattinata passata all'aria fresca, a sentire il rumore dei miei passi tra i sassi e le foglie secche e magari salutarsi con altri camminatori che viaggiavano in direzione opposta.
Spero di tornarci e riuscire a imboccare il sentiero per la cima, anche se il mio desiderio di divagare potrebbe, ancora una volta, sviarmi dal buon proposito!
La galleria completa delle foto che ho scattato ieri la trovate su flickr.

Corri, Usain, corri

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Ispirato da un'attività didattica proposta da Alessandra King sulle pagine di Mathematics Teaching in the Middle School mi sono andato a vedere i record del mondo di 100 metri, 200 metri, 400 metri e 3000 metri, con l'aggiunta dei record sulla gara non ufficiale dei 150 metri. Le conclusioni che si possono trarre sono interessanti. Vediamo questi dai a confronto in questa tabella:
DisciplinaTempoDetentoreVelocitàAnno
100 m9.58 sUsain Bolt10.44 m/s2009
200 m19.19 sUsain Bolt10.42 m/s2009
400 m43.03 sWayde van Niekerk9.3 m/s2016
3000 m7 min 20.67 sDaniel Komen6.81 m/s1996
150 m14.35 sUsain Bolt10.45 m/s2009

Dal confronto tra le varie discipline, ovviamente effettuato grazie alla colonna sulla velocità media, osserviamo come la corsa sulla distanza dei 3000 metri più che velocistica diventa già di resistenza, mentre le tre discipline ufficiali e quella ufficiosa dello sprint già presentano velocità interessanti. Se ragioniamo in termini di mantenimento dello sforzo necessario per lo sprint, già possiamo concludere che sui 400 metri è importante distribuire lungo ciascuna delle porzioni dell'anello la spinta delle gambe. I 100 metri, i 200 metri e la distanza intermedia dei 150 metri sostanzialmente si equivalgono, con un leggero favore nei confronti di quest'ultima (roba di pochissimo, a dirla tutta). Si potrebbe allora affermare che la prestazione velocistica tende a decadere leggermente sulla distanza dei 200 metri, mentre una diminuzione apprezzabile la si dovrebbe osservare per distanze superiori ai 200 metri.
Se vediamo i primatisti, poi, vediamo che il mondo della velocità è dominato da Usain Bolt ancora oggi nonostante il suo ritiro, mentre solo il record dei 400 metri è relativamente fresco, indicazione che forse in questa disciplina ci potrebbero essere dei margini di miglioramento. In effetti se andiamo a prendere le migliori prestazioni di tutti i tempi, vediamo che sui 200 metri subito dopo il record ecco Yohan Blake con un 19.26 (+0.07) risalente al 2011, che ha anche un 9.69 (+.11) sui 100 metri nel 2012, mentre sui 400 il record attualmente di Wayde van Niekerk resisteva dal 1999, all'epoca segnato da Michael Johnson. Se consideriamo che questa prestazione per ora non è stata ancora avvicinata (dopo il record la prestazione migliore è stata di Michael Norman nel 2018 con un 43.61) è forse un po' prematuro affermare che sui 400 metri ci potrebbero essere margini di miglioramento, così come è forse un po' eccessivo affermare che i 100 metri non sono ulteriormente migliorabili, considerando anche lo stile di corsa di Bolt, che spesso negli ultimi metri lasciava lo spettatore con la sensazione di poter andare anche più veloce di come concludeva. Come parziale obiezione a questo punto c'è la considerazione che solo una seconda volta Bolt si è avvicinato al suo record, nel 2012 con un 9.63, mentre per il resto è sempre rimasto oltre i 9.75, che è all'incirca la prestazione migliore durante la stagione velocistica dal 2005 a questa parte, escludendo i tre crono sotto i 9.70 di Bolt (il terzo è un 9.69 del 2008). Proprio questa impossibilità di portare il record stagionale vicino al record del mondo (o quanto meno intorno se non sotto i 9.70) è probabilmente l'indicazione principale che il limite della corsa umana è stato probabilmente raggiunto (e se così non è, molto probabilmente non è molto lontano dal 9.58 di Bolt).
Alessandra King (2014). Mathematics Teaching in the Middle School Vol. 20, No. 1, p. 64 doi:10.5951/mathteacmiddscho.20.1.0064 (jstor)

Terrore a Hill House

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La prima volta che mi sono imbattuto nella casa "stregata" protagonista de L'incubo di Hill House di Shirley Jacksonè stato nel film del Haunting: Presenze con Liam Neeson e Liv Tyler (giusto per citare i due attori più famosi della pellicola), ricco di effetti speciali, ma con una recitazione e una sceneggiatura forse non all'altezza del romanzo originale. Sebbene alcuni passaggi e in qualche modo il soggetto di partenza siano abbastanza fedeli al testo della Jackson, il film sostanzialmente si discosta dal romanzo, basandosi più che altro sul forte contributo degli effetti speciali e dunque sulla presenza dei fantasmi, che in realtà sono presenze appena accennate nel romanzo. La forza del libro della Jackson, infatti, sta in una costruzione in qualche modo lovecraftiana che si sposa con uno stile più ricco di dialoghi rispetto a quello del soliario di Providence.
Fondamentalmente sia la leggenda di Hill House sia la figura del suo costruttore, Hugh Crain, ricordano ambientazioni e protagonisti di un qualsiasi romanzo o racconto di Lovecraft, ma l'orrore in questo caso è costituito da visioni appena accennate, porte che sbattono, grattare sui muri, risate che attraversano i corridoi, in generale eventi di cui gli occupanti della casa non sono sicuri della reale esistenza.
Gli abitatori momentanei di Hill House sono 4, un professore alla ricerca di materiale per un libro sul paranormale, e tre giovani, due donne e un uomo, peraltro erede della famiglia proprietaria di Hill House, che partecipano all'esperimento di Montauge. La principale protagonista è Eleanore, amichevolmente chiamata Nellie, ragazza un po' repressa rispetto a Theodore, o Theo, più libertina, e forse dotata di una particolare sensibilità nei confronti della casa stessa, che però potrebbe essere tranquillamente confusa con uno stato di follia. L'efficacia del libro risiede, alla fine, proprio in questa ambiguità della vicenda, spiegabile sia come effetto di presenze paranormali, sia come effetto della situazione mentale indotta dagli angoli della casa (non c'è un solo angolo retto in tutta Hill House!) o da quella pregressa di Nelly.
Quale che sia la spiegazione dell'aura oscura di Hill House, il è costruito proprio per non dissipare il senso di inquietudine che attraversa le pagine del romanzo.

Divina legione

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Un altro tassello fondamentale nella nascita del cyberpunkè sicuramente il geniale Roger Zelazny, la cui vicinanza al genere ideato da William Gibson e Bruce Sterling non sono l'unico ad averla sottolineata:
Vincitore dell'Hugo Award nel 1968, "Signore della Luce" era ispirato dai testi buddisti e induisti e racconta le vite di persone che avevano praticato il trasferimento della mente, l'ingegneria genetica e la trasmigrazione del corpo. Il romanzo di Zelazny, come molte delle narrazioni più allucinatorie di Philip K. Dick, anticiparono molte delle tematiche fondamentali del cyberpunk.(1)
In un certo senso è anche molto supereroistico, o anche molto "gioco di ruolo", il romanzo di Zelazny: ognuno degli uomini/dei possiede, infatti, particolari poteri derivanti dalla divinità scelta e, di volta in volta, utilizza un particolare "aspetto" della divinità. Ciascuno di questi poteri, però, sono di origine tecnologica, e ognuno di loro è in grado di reincarnarsi in un nuovo corpo.
Protagonista del romanzo è Siddharta (il pantheon di riferimento del romanzo è quello indù), che dopo 50 anni passati come onda stazionaria intorno al nuovo pianeta dove si è rifugiata l'umanità a seguito della distruzione della Terra, viene fatto reincarnare dal suo vecchio nemico Yama per sfidare il corrotto pantheon dei dominatori.
Il senso cyberpunk del romanzo è dunque evidente nell'uso invasivo della tecnologia, quanto meno nella vita delle divinità dominatrici, cui si aggiunge la sfida all'ordine costituito.
Di stampo più squisitamente cyberpunk in particolare a causa delle atmosfere noirè invece Il mio nome è legione, che in realtà è la raccolta di tre racconti rielaborati insieme come narrazione unica il cui innominato protagonista è un trasformista in grado di interpretare qualunque ruolo per portare a compimento il contratto di cui si è preso carico.
Tra intrighi politici, telepati e una sfida con un'intelligenza artificiale, il bravo scrittore statunitense si occupa di temi interessanti e persino di attualità, come la preservazione dell'ambiente da parte delle comunità locali, o lo studio di altre forme di intelligenza presenti sul pianeta, o le ovvie domande sulla reale portata della creazione dell'intelligenza artificiale.
Una coppia di romanzi che, per quanto differenti tra loro, permettono di comprendere quanto pionieristico sia stato il contributo di Roger Zelazny alla fantascienza e quanto sia riuscito ad anticipare, tanto quanto lo stesso Philip Dick, le tematiche care al movimento cyberpunk.
  1. How Roger Zelazny's Lord of Light transformed into the CIA's Argo covert op 

Il potere delle rivelazioni

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#JudasPriest #Nostradamus #heavymetal cc @emmecola @astrilari @cosmobrainonair @real_fabristol
Recupero, con qualche modifica, l'ultimo contributo lungo apparso su Shock Addizionali: ispirando al venerdì musicale, che più o meno sto cercando di rispettare nell'ultimo periodo, vi propongo una recensione di un vecchio album power metal. L'articolo ha, in qualche modo, una dedica a Moreno Colaiacovo, che ha proposto un titolo ispirato proprio alla mia passione per il metal a un articolo a suo modo interessante che abbiamo scritto insieme poco più di 6 anni fa.
I Judas Priest sono sicuramente uno dei gruppi più tecnicamente dotati della scena metal mondiale: d'altra parte sono, insieme con gruppi come Led Zeppelin, Black Sabbath o Deep Purple, fondamentali per le origini e lo sviluppo dell'heavy metal. Un po' come i Dream Theater con James LaBrie, cui dedicherò un articoletto in uno dei prossimi venerdì, anche i Judas Priest trovano abbastanza presto il loro cantante simbolo, Rob Halford, abile nell'interpretazione, con una grande presenza scenica e un registro vocale decisamente molto vario, mostrato in particolare in Nostradamus, uscito nel 2008 (quasi dieci anni fa, dunque). Halford si esibisce in vari generi: dal metal vero e proprio, al melodico fino al lirico.
La prima volta che ho sentito una canzone tratta da Nostradamusè stata ai bei tempi in cui ascoltavo la musica in tv, durante una trasmissione dell'ormai defunta All Music, la sintesi del festival Gods of Metal: Halford stava salendo sul palco vestito come un alto porporato, carico di tutto il suo carisma da showman, con quella voce calda e profonda intonando le note di Dawn of creation cui seguiva senza soluzione di continuità Prophecy, l'inizio del loro album tributo al misterioso Nostradamus.
Proprio qui sta la chiave di questo lungo concept album: è difficile, quasi impossibile, staccare una canzone dal resto del corpo, non solo per non perdersi il racconto vocale dei Judas, ma anche lo stesso racconto musicale. Le tracce sono spesso una la continuazione di quella precedente, creando così un legame che trasporta l'ascoltatore in un percorso musicale nei completo per varietà, pur se restando di base metal. Per cui in Nostradamus si va, come detto, dal metal più classico, senza dimenticare passaggi per il progressive o per l'elettronica, fin quasi al symphonic metal, o forse si dovrebbe parlare di una sorta di liric metal.
La passione per Nostradamus, per la musica, per il rock e il metal: è tutto questo e molto altro il Nostradamus dei Judas Priest, e presenta anche una curiosità interessante per noi italiani. In Pestilence and plague Halford canta il ritornello in italiano, con un lieve accento spagnoleggiante.
In definitiva Nostradamusè una grande opera musicale, da classificare come heavy metal perché questo è, per fortuna, il suo background, ma che comunque resta un lavoro da ascoltare assolutamente.

Pi Day 2019: Leonhard Euler, l'uomo del pi greco

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#piday #piday2019 #matematica #carnevaledellamatematica cc @MathisintheAir @maddmaths @andreaplazzi @ComicsScience @Pillsofscience @stefacrono @cosmobrainonair @92sciencemusic @Popinga1
E' stato proprio Leonhard Euler il matematico che ha assegnato al fino all'epoca conosciuto come numero di Archimede il nome con cui lo conosciamo oggi: $\pi$. Questa e altre curiosità le trovate nella serie di articoli Breve storia del pi greco, di cui qui sotto vi metto i link alle varie puntate: E' un work in progress che spero di proseguire anche quest'anno (rispetto all'anno scorso sono in deciso ritardo, per cui non garantisco una gran ricchezza...), dopo la consueta pubblicazione delle curiosità come notizie pi greche all'interno del Carnevale della Matematica, edizione pi day. Anche in questo caso vi segnalo tutte le edizioni del Carnevale pubblicate su DropSea in occasione del giorno del $\pi$:
Carnevale #47 | #59 | #71 | #83 | #95 | #107 | #117
L'avvicinamento al pi day non si esaurisce con questo articoletto, ma proseguirà anche settimana prossima: spero siate in trepidante attesa!

Topolino #3301: Alla ricerca di un titolo che non ho

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Un numeto tutto sommato non male che si chiude con una rara ristampa, quella di Bianco papero, storia d'esordio del Papersera, che serve per lanciare l'albo con le ristampe delle avventure della serie. Ovviamente concluderò questa recensione proprio con Bianco papero, ma aprirei senza indugi con l'ultimo episodio de Il conte di Anatrham.
Raccoglier barbabietole in Gran Bretagna
L'ottima saga in costume ideata da Marco Bosco si conclude un po' in maniera scontata, un po' con una piccola sorpresa, assolutamente improponibile con i personaggi disneyani nel loro ambiente "naturale". Anche questo episodio, che porta a conclusione tutte le sottotrame sviluppate dallo sceneggiatore, si snoda con il solito buon ritmo di ciascuna delle quattro puntate precedenti grazie anche all'ottima capacità di interpretazione di Nico Picone, che, come forse avevo già scritto per uno degli episodi precedenti, forse in un paio di vignette eccede troppo con le ombre, ma nel complesso risulta particolarmente efficace in quella che può essere considerata come la sua prima, grande prova da disegnatore disneyano.
Se dal punto di vista dei personaggi c'è ben poco da segnalare rispetto a quanto scritto nei numeri scorsi, la storia presenta gli ultimi spunti di approfondimento, in particolare la raccoglibietole meccanica semovente, che permette a Paperon Pound di risolvere la vertenza sindacale con gli agricoltori di barbabietole da zucchero del circondario. La macchina, costruita da Archie Meed, è di un lustro o poco più in anticipo, visto che la prima raccoglibietola sembra risalga al 1913, anno in cui l'azienda statunitense The Great Western Sugar Company indisse un bando per la progettazione di una raccoglibietola di successo(1). Le barbabietole da zucchero, infatti, fino all'inizio del XX secolo si dovevano raccogliere a mano, nonostante le prime macchine agricole propriamente dette erano in circolazione sin dalla fine del XIX secolo, ovviamente mosse dalla forza del vapore.
Carnevale!
La storia d'apertura del numero è dedicata, come d'uopo visto il periodo, al carnevale. Ai testi l'esperto Sisto Nigro affiancato da Alessandro Perina, che realizza anche la copertina del numero. Già detto in altre occasioni delle, almeno per me, non gradevoli copertine del disegnatore, in questo caso il buon Perina realizza una copertina tutto sommato non male, quasi all'altezza dei suoi standard come disegnatore. La storia di Nigro, tornando a La mala... parata, gioco di parole comprensibile sin dall'inizio per i lettori di una certa età, ma poi spiegato nelle fasi finali della storia, è di impianto classico con il più che normale difetto di molte storie disneyane: non si sa perché o percome ma un'intera città si interrompe, non lavora più da mattina a sera per preparare in maniera amatoriale se non dilettantesca la propria partecipazione a un mega evento come la parata carnevalesca! Sorvolto su questo dettaglio la storia, però, risulta gradevole, divertente e scorrevole: una buona apertura di numero, perfetta per festeggiare le maschere carnevalesche.
Arriva il Papersera
Era il gennaio del 1970 quando su Topolino #736 veniva pubblicata per la prima volta Zio Paperone bianco papero. Scritta da Dick Kinney per i disegni di Tony Strobl, segna l'esordio del Papersera in un storia di produzione disneyana per il mercato estero.
Kinney, che aveva creato Paperoga 6 anni prima insieme con Al Hubbard, propone la solita gag story con Paperino che si lascia travolgere dall'incontenbile verve di Paperoga senza riuscire a trovargli un'argine. La situazione viene in qualche modo complicata dal solito Paperone che vuole intraprendere al risparmio l'ennesima operazione commerciale, come la fondazione e la gestione di un quotidiano. Attrezzature e vestiti a carico dei dipendenti, salvo una piccola percentuale di partecipazione, nello specifico la spesa della pellicola, ovviamente con tutti i costi da detrarre dallo stipendio destinato a Paperino e Paperoga.
In qualche modo una storia divertente, sebbene non come ai livelli del miglior Kinney, che si pone come l'origine della caratterizzazione tipica di Paperone, come personaggio che intraprende imprese gigantesche andando al massimo risparmio, molto divertenti se brevi come Bianco papero, altrimenti tendenzialmente pessime quando si dilungano per più di 10-15 pagine. Ad ogni modo la ristampa di questa storia ha creato la giusta curiosità nei confronti della serie di volumi dedicati al Papersera che dovrebbero esordire in occasione di Cartoomics, settimana prossima.
  1. Austin A. Armer (1965). Historical highlights in sugar beet harvest mechanization. Journal Of Sugar Beet Research Archives (pdf

[930] - Circonferenza

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I poeti accendono non le lampade
ma se stessi - spengono
gli stoppini che essi stiolano
se la luce vitale
è loro propria come fanno i Soli -
Ogni era è come una lente
che dissemina la propria
circonferenza -
Avevo già pubblicato la traduzione di questa poesia di Emily Dickinson su "Il giorno della poesia matematica", ma per questa riproposizione solitaria ho rivisto leggermente quella mia traduzione, che ora spero sia più aderente al senso che la grande poetessa voleva dare ai suoi versi.

Dimostrazioni senza parole: la formula di Strassnitzky

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\[\frac{\pi}{4} = \arctan \frac{1}{2} + \arctan \frac{1}{5} + \arctan{1}{8}\] Leopold Karl Schulz von Strassnitzky, matematico austriaco, nel 1884 fornì questa formula, una variazione su quella di John Machin, al collega tedesco Zacharias Dahse che quello stesso anno riuscì così a calcolare 200 cifre decimali, tutte corrette, per $\pi$.
L'immagine è realizzata con LaTeX e il pacchetto tickz: il codice sorgente su github
Nelsen, R. B. (2013). Proof without words: The formulas of Hutton and Strassnitzky. Mathematics Magazine, 86(5), 350-350. doi:10.4169/math.mag.86.5.350 (jstor)

Alita, l'angelo della battaglia cinematografica

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Alitaè stato il primo manga che ho letto, e direi che non potevo iniziare con un'opera migliore il mio rapporto con il fumetto giapponese. Era il 1997 e avevo acquistato l'edizione della Panini(1): era da tempo che desideravo accostarmi a questo genere di fumetto, che peraltro presentava anche una implicita difficoltà nel senso di lettura. Se da un lato mi risultò abbastanza veloce e naturale adattarmi (e devo dire che all'inizio mi era difficile tornare al senso di lettura occidentale, cosa che oggi è di molto ridotta se non quasi scomparsa), dall'altro venni letteralmente colpito dalla storia postapocalittica e fortemente cyberpunk e dalla struttura narrativa: Yukito Kishiro, infatti, inseriva spesso degli inserti di spiegazioni tecniche delle armi e delle armature che rendevano in qualche modo ancora più "immersiva" la lettura dei vari episodi. Inoltre i personaggi tormentati, la ricerca di Alita della sua umanità, i disegni dettagliati senza alcuna vera cartoonizzazione delle figure (a parte gli ovvi stilemi del genere manga) mi colpirono positivamente, rendendo di fatto Alita una pietra di paragone con qualunque altro manga che mi capitò poi di scegliere.
Ora, dopo anni di attesa, il personaggio di Kishiro arriva finalmente al cinema in una pellicola girata da Robert Rodriguez, il regista di Sin City, e con la sceneggiatura (e produzione) di James Cameron. Ovviamente le critiche all'estetica, in particolare alla scelta di dotare l'attrice protagonista, Rosa Salazar, con degli occhioni sistemati in post-produzione, mi erano noti, ma avevo già deciso di mettere da parte questo dettaglio per gustarmi nel modo migliore possibile il film. Il problema, almeno dall'ottica del lettore di Alita, è la densità narrativa. Stiamo indubbiamente parlando di un manga ricco d'azione, ma è evidente nel film l'intenzione di Rodriguez e Cameron di mettere sin da subito più informazioni possibili, come le origini marziane di Alita e la sua nascita risalente a molti secoli prima. In pratica i due autori comprimono e mescolano insieme i primi due volumi dell'edizione statunitense di Alita, corrispondenti all'incirca ai primi 4 volumetti della prima edizione Panini, insieme con alcuni elementi dell'anime del 1993, come ad esempio il personaggio di Chiren. La stessa presenza di Desty Nova, il grande avversario di Alita che si palesa nel corso dei tankobon successivi, diventa nel film molto più evidente e invasiva all'interno della Città di ferro, che sostituisce l'originale Città discarica. Inoltre viene subito introdotto il Motor Ball, mentre nel finale scompare qualunque riferimento alla follia che colpisce Hugo. Questi, però, alla fine sono dei semplici dettagli di aderenza alla storia, visto che il film risulta in ogni caso autoconsistente, fedele quanto meno ai caratteri dei protagonisti che dal manga vengono riportati su pellicola e gestito in ogni caso con un buon ritmo. Il finale aperto promette di portarci nelle magiche e adrenaliniche atmosfere del Motor Ball nel più che probabile seguito, mentre i flashback, che in qualche modo si staccano anche visivamente dal resto del film con una fotografia molto più da videogioco rispetto al resto della pellicola, suggerirebbero che il progetto Alita di Cameron e Rodriguez potrebbe essere più complesso e in qualche modo ancora più compresso di quanto visto in questo primo film.
Nel complesso un film godibile, ma che nel confronto con il mangaè mancato in qualcosa, che non è tanto l'aderenza alla storia o la scelta estetica, ma in una qual certa piattezza di molti dei personaggi che gravitano intorno ad Alita: i loro tormenti scompaiono, persino quelli del cyborg che si confronta con l'angelo della battaglia, mentre per contro Ido viene approfondito forse eccessivamente. Probabile la scelta di puntare tutto sull'estetica e la cinematica del Motor Ball nel secondo film, lasciando probabilmente qualunque considerazione filosofica al probabile terzo capitolo.
  1. La prima pubblicazione italiana di Alita era di qualche anno prima ad opera della Granata Press sulle pagine della rivista Zero, ma non venne portata a conclusione a causa del fallimento dell'editore. 

La musica del pi greco

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Con un po' di ritardo, per prepararci tutti quanti all'avvento del pi day (mancano poco meno di 6 giorni), eccovi un bel video sulla sonificazione delle cifre decimali del $\pi$. E non è per nulla una brutta sonificazione: ascoltare per credere:

Un grazie a Laura Paganini di Cosmo Brain per avermi segnalato il video, e visto che ci sono vi inizio ad anticipare che la prossima puntata di questa piccola trasmissione web-radiofonica sarà dedicata proprio al $\pi$. E indovinate chi sarà ospite?

Dal rock al digitale: l'Osservatorio Astronomico di Brera sempre al top!

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Sta arrivando un ricco panorama di proposte interessanti per gli appassionati di astronomia da parte dell'Osservatorio Astronomico di Brera che inizia sin dal primo giorno della prossima settimana:
Lunedì 11 marzo, ore 21:00, per il ciclo Pop Science, presso il Planetario "Ulrico Hoepli" di Milano, in collaborazione con L'Officina del Planetario, Ilaria Arosio dell'Istituto Nazionale di Astrofisica - Osservatorio Astronomico di Brera, presenta la conferenza/spettacolo Tutte le stelle del rock. Cinquanta anni di astronomia attraverso una rivoluzione musicale:
8 giugno 2010. In un'afosa serata milanese trentacinque mila persone accalcate, urlano all'unisono le parole "supermassive black hole". Non sono astrofisici, non sono scienziati; è il pubblico presente allo stadio "G. Meazza di San Siro per il concerto dei Muse, rock band inglese, in occasione dell'uscita dell'album "Black Hole and revelation". Cantano e rimandano a un concetto squisitamente scientifico e specialistico. Einstein l'avrebbe mai immaginato? I Muse non sono i soli: dai Pink Floyd ai Genesis, passando per i Queen, Pearl Jam, David Bowie, Police e arrivando a Bruce Springsteen, Radiohead e Coldplay da 60 anni il rock'n'roll attinge alla scienza e all'astronomia giocando con concetti, formalismi, suoni e parole. La scienza ogni giorno ci restituisce immagini, idee e sensazioni che entrano nel bagaglio culturale collettivo; tutti le vivono, molti le colgono e qualcuno le restituisce... a tempo di rock!
info e prenotazione: lofficina.eu | facebook
E' il primo di una serie di tre: gli altri due appuntamenti saranno l'1 aprile e il 6 maggio (dettagli sul sito di Ilaria).
Il pi day sarò, invece, direttamente coinvolto in un evento legato alla digital week (e non sarà l'unico evento di quella giornata: presto nuovi aggiornamenti):
In occasione della Milano Digital Week la storia sede milanese dell'Osservatorio Astronomico di Brera propone un evento sulla didattica digitale per l'astronomia promossa dall'Istituto Nazionale di Astrofisica.
L'Istituto Nazionale di Astrofisica sta sviluppando nuovi metodi per la promozione della didattica dell'astronomia utilizzando il supporto delle nuove tecnologie digitali. Rientrano nelle proposte la gestione della versione italiana di astroEDU, una piattaforma che raccoglie attività didattiche astronomiche revisionate non solo da astronomi, ma anche da insegnanti; il portale Edu INAF, che propone news e approfondimenti legati alla didattica dell'astronomia; laboratori di citizen science che, pescando dal vasto database di osservazioni astronomiche, permettono agli studenti di avvicinarsi al mondo della ricerca e, a volte, fare scoperte scientifiche.
Evento a cura di Stefano Sandrelli, Gianluigi Filippelli, Laura Barbalini
Infine una gustosa anteprima sui classici Cieli di Brera:
Mercoledì 20 marzo, ore 18:00, presso la Sala della Passione della Pinacoteca di Brera, l'Osservatorio Astronomico di Brera in collaborazione con la Pinacoteca di Brera e l'Istituto Lombardo presenta Aspettando... I cieli di Brera, "antipasto" sull'usuale programma dei Cieli di Brera.
Per l'occasione sarà presente Fabrizio Bonoli con la conferenza Alla scoperta del volto della Luna: Dai miti allo sbarco:
Un viaggio intorno al nostro satellite e al ruolo che ha svolto – e continua a svolgere – nell'immaginario collettivo; partendo dagli antichi miti e divinità lunari, seguendo le raffigurazioni dell'astro notturno e la storia delle sue osservazioni – prima a occhio nudo, poi con il telescopio e finalmente dallo spazio – per concludere con lo sbarco sul suolo lunare.
Ingresso libero fino a esaurimento posti (100 posti max)

Topolino #3302: E venne il giorno

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E venne il giorno in cui un numero di Topolino viene letteralmente salvato dalla storia d'apertura, dedicata ai sessant'anni di Atomino Bip Bip. E visto che di quella storia ho già scritto, non mi resta che "parlare" del resto del sommario.
Maghi vagabondi
Dopo una serie di saghe interessanti, Destino, la nuova avventura dei Wizards of Mickey firmata da Matteo Venerus, segna un deciso passo indietro, non tanto nel soggetto quanto nel suo sviluppo. L'idea di fondo non sembra nemmeno male: una serie di incubi tormentato i Wizards of Mickey, che così decidono di chiarire cosa c'è dietro questa inquietudine. Lo svolgimento della storia, però, è piuttosto rapido, tanto da dare la sensazione di essere composta da porzioni slegate una dall'altra, mentre molte battute sembrato letteralmente calate dall'alto senza alcuna giustificazione, semplicemente fuori contesto.
I difetti della storia vengono enfatizzati e non limitati dall'ottima prova di Roberto Marini ai disegni: la collaborazione con Venerus su WoM ha permesso al bravo disegnatore di sperimentare come capita a pochi altri con la griglia e la composizione delle vignette. Conseguenza di ciò è stata l'esplosione di un tratto in grado di risultare efficace sia nella gestione delle espressioni e delle movenze dei personaggi, sia nelle scene più spettacolari.
Vedremo come proseguirà Destino, ma visto questo esordio la sensazione è quella di essere di fronte a una delle saghe più brutte di WoM in assoluto.
Il ritorno del Papersera.
Insieme con il numero di Topolino era possibile anche acquistare il primo di quattro volumetti bimestrali dedicati al Papersera e fortemente voluti dal nuovo direttore del settimanale Alex Bertani. Il volumetto ristampa un gruppo di storie di produzione statunitense, alcune delle quali scritte dal creatore del Papersera, Dick Kinney, e tutte disegnate da Tony Strobl, e una prima ampia selezione di avventure di produzione brasiliana, cui si aggiungono due inediti sempre realizzati da fumettisti del Brasile. La collaborazione ai testi per questo volume, e probabilmente per tutta la miniserie, è di Francesco Gerbaldo. Nel complesso è indubbiamente un'opera meritoria e in qualche modo anche inaspettata e per questo maggiormente gradita, ma che nasconde un piano più complesso, che passa anche per la realizzazione di storie inedite.
Mentre il grosso di queste è stato assegnato a Corrado Mastantuono, già su questo numero si è cimentato con un aggiornamento della redazione del Papersera il buon Carlo Panaro, affiancato da Federico Franzò. Come al solito la storia presenta le stesse perplessità della serie ideata da Kinney: come è possibile che un giornale come il Papersera si possa reggere con una gestione dilettantesca come quella di Paperon de Paperoni? A questa risposta, ad esempio, Romano Scarpa non risponde direttamente, ma da par suo idea un nuovo giornale, Il grillo parlante, mettendolo nelle mani dell'abile fratello di Paperone, Gedeone. D'altra parte Scarpa era interessato a realizzare storie di ampio respiro, cui il Papersera, per sua stessa natura, non poteva adattarsi: Kinney, infatti, lo utilizza essenzialmente per delle classice ten pages divertenti che prendono in giro le mode e i modi dell'epoca, giusto per dare ancora maggior credito all'intuizione di Bertani sulla serie. Così in questo senso L'innesto redazionale risulta di lunghezza eccessiva rispetto all'idea portante della serie e in questo modo ne risente la caratterizzazione di Paperino e Paperoga, che oscilla tra quella tipica di pasticcioni incontenbili a quella un po' più positiva di agenti della P.I.A. o di alcune delle storie scritte da Bruno Sarda negli anni Novanta del XX secolo dei due cugini insieme con Gastone. Anche la critica ironica alla società del tempo in qualche modo manca: la festa al deposito presenta poco mordente satirico, mentre il piano della polizia per incastrare i Bassotti, per quanto questi alla fine si rivelino colpevoli, risulta poco etico e morale, ma questo fatto non viene per nulla enfatizzato.
Alla fine una storia che sì è gradevole e scorrevole alla lettura, con un soggetto tipicamente mistery alla Panaro, ma che in qualche modo tradisce lo spirito del Papersera come serie, e quindi non può soddisfare completamente.
Ci salverà la musica
Con un'evidente ispirazione ciminiana, Danilo Deninotti, affiancato ai disegni da Marco Mazzarello, propone Il mitico chitarrone, dove Paperone e nipoti si lanciano alla ricerca di un misterioso chitarrone che, se suonato correttamente, produce la più grande ricchezza del mondo. Questa ricchezza, se si legge la storia avendo in mente le storie di Rodolfo Cimino, è in qualche modo scontata, quasi attesa dal lettore disneyano più esperto, e per fortuna Deninotti non ci prova nemmeno a spiazzare il lettore, portando verso un finale forse scontato, ma che, visti i tempi, è molto apprezzato. Per contro la caratterizzazione dei personaggi continua a restare piuttosto piatta, chiusa su quella in voga negli ultimi numeri, il che alla fine stride sia con una storia di ispirazione ciminiana sia con una storia che presenta comunque una porzione tipica del genere avventuroso.
A stupire in un paio di occasioni è, invece, Mazzarello, che esibisce uno stile alla Lavoradori quando rappresenta le pitture rupestri sull'isola del chitarrone, oltre a realizzare una bellissima quadrupla per il momento in cui i paperi trovano il chitarrone, cui va aggiunto l'ottimo lavoro sulle espressioni, in particolare nella prima parte della storia.

I Rompicapi di Alice: Tutta questione di memoria

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Carl Gauss
La leggenda più nota per raccontare il precoce talento di Carl Friedrich Gaussè la classica storia in cui il piccolo riuscì a sommare i primi 100 numeri naturali, compito lasciato alla classe di cui era studente per tenere buoni i bambini durante un'improvvisa assenza della maestra. Eppure la storia che racconta Martin Gardner sul numero di aprile del 1965 di Scientific Americanè ancora più sconvolgente: il buon Gauss era figlio di un muratore e mentre il padre stava sistemando il libro delle paghe dei suoi lavoratori, il giovane Carl gli disse che i conti erano sbagliati. A questo punto, anche solo per dimostrare che il figlio si sbagliava, Gauss senior ricontrollò i calcoli scoprendo che, al contrario, il piccolo Carl aveva affermato il giusto: aveva solo 3 anni e nessuno gli aveva ancora insegnato nulla sulla matematica!
Nella storia della matematica, Gauss è uno dei pochi principi di questa disciplina ad avere avuto non solo una grande creatività, ma anche una velocità di calcolo inavvicinabile, sorretta evidentemente da una forte memoria. Queste ultime caratteristiche non sono spesso abbinate con la prima, la creatività, e anzi in alcuni casi ne sono di impedimento, ma Gauss non è l'unico esempio di grandi scienziati che sono stati in grado di abbinare queste tre capacità in una sola mente.
Altro esempio a noi più recente è quello di John von Neumann. Pioniere nell'ideazione e progettazione dei moderni computer, era anche molto abile nel calcolo a mente. Si narra infatti che, quando era a Los Alamos, era tenuto da conto come uno degli esperti del calcolo insieme con Enrico Fermi e Richard Feynman: in particolare, mentre l'italiano prendeva il regolo calcolatore e Feynman la calcolatrice, von Neumann utilizzava solo il calcolo mentale. E ovviamente non aveva alcun timore di sbagliare, più o meno come tutti i... "calcolatori".
A riprova, però, della difficoltà di mettere insieme velocità di calcolo, memoria e creatività c'è, però, il confronto tra von Neumann e altri campioni del calcolo a mente, che fanno letteralmente scomparire le abilità degli scienziati qui citati o di altri come Leonhard Euler o John Wallis, anch'essi abili a calcolare senza l'ausilio di carta e penna.
La storia di Colburn e Bidder
Era il lontano 1804 quando a Cabot, nel Vermont, nasceva Zerah Colburn che, come il padre, la bisnonna e (sembra) un altro fratello, si presentava al mondo con un dito in più su ciascuna mano e ciascun piede. Oltre a questo, però, possedeva una certa familiarità con i numeri, visto che ben prima di imparare a leggere e scrivere, imparò le tabelline fino al 100. Così, essendo la sua famiglia povera, il padre decise di mandare il figlio in tour per raggranellare un po' di denaro grazie al talento del piccolo. Il bambino, durante le sue peregrinazioni, finì anche in Inghilterra: aveva 8 anni ed era in grado di moltiplicare tra loro numeri a 4 cifre e mostrava qualche esitazione con numeri a 5 cifre.
Fornì anche un'interessante spiegazione su come era riuscito a moltiplicare 21734 per 543. Spiegò che 543 è pari al prodotto tra 181 e 13, per cui prima calcolò il prodotto tra 21734 e 3 e poi moltiplicò il risultato per 181 ottenendo 11801562.
Il talento di Zerah conquistò un po' tutti nel mondo, in particolare lo scrittore Washington Irving, che decise di raccogliere il denaro necessario per mandare il ragazzo a scuola, prima a Parigi e poi a Londra. Quando ritornò in America ormai vent'enne, non solo il suo talento nel calcolo in generale e quello mentale in particolare era diminuito, ma anche il suo interesse per la materia, tanto che intraprese la carriera di pastore metodista per il decennio successivo e poi come insegnante di inglese presso l'università di Norwich fino alla precoce morte a 35 anni.

George Bidder
Colburn, però, aveva un avversario, il britannico George Parker Bidder, di poco più giovane di lui (era nato nel 1806 nel Devonshire). Anche Bidder era di umili origini: il padre era uno scalpellino e si racconta che imparò l'aritmetica giocando con marmi e bottoni. Come il padre di Zerah, anche quello di George portò in tour il ragazzo, che all'epoca aveva nove anni. Domande tipiche rivolte al piccolo George erano di questo tenore: se il suono potesse propagarsi nello spazio vuoto, quanto tempo impiegherebbe a raggiungere la Luna dalla Terra? Oppure quale è la radice quadrata di 119550669121.
Poiché i due "calcolatori" umani si trovavano più o meno contemporaneamente sullo stesso territorio, fu naturale congegnare una sfida tra i due giovani talenti: Bidder aveva 12 anni, mentre Colburn 14. La palma del vincitore dipende dalla campana che si sente!
Anche Bidder affrontò gli studi, a quanto pare grazie all'interessamento di John Herschel, diventando uno dei più noti ingegneri dell'Inghilterra: la sua opera più nota è il porto Vittoria a Londra. Bidder, a differenza di Colburn, non perse le sue capacità calcolatrici: si narra che in punto di morte trovò la soluzione esatta all'ennesimo indovinello che evidentemente gli veniva posto per distogliere la sua attenzione dalla fine imminente. Inoltre lo stesso figlio, che con un grande moto di originalità venne chiamato George Parker Bidder jr., aveva ereditato un'ottima capacità di calcolo che gli permise di essere un abile crittografo (anche se forse gli fu meno utile nella sua carriera di parlamentare).
Un metodo comune sia a Colburn sia a Bidder sia a molti calcolatori umani nell'affrontare calcoli complessi è quello della semplificazione delle operazioni, che personalmente ho sempre trovato molto utile ma che per mantenere attivo va comunque esercitato. Se prendiamo ad esempio il prodotto tra un numero di tre cifre e uno di due cifre, come 236 $\times$ 47, allora il modo più semplice è scomporre 236 in 200 $+$ 36 $+$ 6 e 47 in 40 $+$ 7. In questo le operazioni, pur se aumentano in numeri, risultano più semplici da compiere e quindi più rapide da portare a compimento rispetto al metodo usuale(1).
I segreti di un "calcolatore"

Alexander Aitken
Uno dei più grandi "calcolatori" del XX secolo è stato, invece, Alexander Craig Aitken, nato l'1 aprile del 1895 in Nuova Zelanda. Ha anche fornito contributi nei campi dell'algebra, della statistica e, ovviamente, dell'analisi numerica. A differenza di Colburn e Bidder, le sue abilità di calcolo mentale non divennero manifeste fino all'età di 13 anni. Uno degli aspetti interessanti di Aitken è il modo in cui memorizzava le cifre di dati numeri più o meno lunghi. Non associava le cifre a parole specifiche, un metodo troppo lento per ricordare e successivamente richiamare le cifre richieste, ma, come ha dichiarato alla Society of Engineers di Londra nel 1954, fissava nella mente un dato ritmo. L'esempio che ha fatto è stato la memorizzazione delle cifre decimali del $\pi$. Il calcolatore francese Maurice Dagbert aveva dichiarato di essere riuscito a memorizzare 707 cifre decimali del $\pi$ calcolato da William Shanks nel 1873. Atkin c'era già riuscito alcuni anni prima di Dagbert semplicemente suddividendo le cifre decimali in righe di cinquanta per poi dividere ciascuna riga in dieci gruppi da cinque e infine leggere questi usando un ritmo particolare.
Il segreto della mia mente è il rilassamento, la completa antitesi della concentrazione come solitamente si intende. L'interesse è necessario. Una sequenza casuale di numeri, senza alcun significato aritmetico o matematico, mi ripugnerebbe. Se è necessario memorizzarli, si potrebbe, ma controvoglia.
Chiuso l'intervento con queste parole, peraltro interessanti che in qualche modo riecheggiano l'idea dell'ozio creativo di Henri Poincaré, Aitken si è esibito nel ricordare le cifre del $\pi$, prima recitandole fino alla 250.ma, quindi, su richiesta del pubblico, riprendendo dalla 301. Dopo altre 50 cifre, gli venne chiesto di saltare alla 551.ma e proseguire per altre 150 cifre. Aitken, senza batter ciglio e senza commettere errore alcuno, ha eseguito ciascuno dei compiti proposti.
Un altro memorizzatore di cifre del $\pi$ era Lewis Carroll, che sviluppò un metodo di memorizzazione che gli permetteva di arrivare a 71 cifre per il pi greco e a ricordare i logaritmi di tutti i numeri primi sotto il 100. Rispetto ad Aitken, Carroll utilizza le consonanti per poi aggiungere le vocali in modo da crare delle parole vere e proprie per memorizzare le cifre, ad esempio quelle delle date. Ad ognuna delle 10 cifre Carroll associava due consonanti. Quindi a partire dalla data, lo scrittore di Alice nel Paese delle Meraviglie determinava una parola e, per fissarla meglio nella mente, creava una rima, tipicamente due versi in cui la parola corrispondente alla data da ricordare si trovava alla fine del secondo verso.
In qualche modo il metodo di Carroll unisce sia il tradizionale sistema di utilizzare le parole, sia il sistema di Aitken legato al ritmo. Questa "memoria technica", come Carroll amava definire il metodo, serviva per ridurre al minimo i problemi derivanti dalle uniche due mancanze della sua altrimenti prodigiosa memoria: le facce e, appunto, le date.
Martin Gardner, 1965, 'Mathematical Games', Scientific American, vol. 212, no. 4, pp. 128-135 doi:10.1038/scientificamerican0465-128
  1. Di fatto questa considerazione mi era sembrata piuttosto chiara sin dalle scuole elementari, quando ti insegnano le moltiplicazioni a due cifre. Queste sono sempre state relativamente semplici da visualizzare a mente (sì, visualizzo i numeri, soprattutto quando faccio i calcoli a mente), ma non mi sono mai spinto oltre le due cifre (tipo numeri da 3 o 4 cifre moltiplicati per numeri a 2 cifre), a meno di non avere situazioni particolai in cui il calcolo risulta particolarmente semplificato (qualche zero in giro per il numero, a voler essere precisi). L'abilità è indubbiamente diminuita, anche se al suo massimo ero arrivato al punto di visualizzare e seguire a mente un integrale, ma come spesso avviene basta incontrare un incredulo e inizi a non crederci più nemmeno tu... Ad ogni buon conto la buona memoria che ancora mi assiste, almeno relativamente alle cose scientifiche, direi che è originata più o meno dagli stessi motivi che raccontava Aitken, come saprete tornando a leggere l'articolo (sempre che questa nota non la leggiate alla fine, ovviamente!) 

Carnevale della Matematica #127

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E' passato un anno, ma appena dieci edizioni, dall'ultimo pi day festeggiato insieme e anche per questo 2019 l'edizione di marzo del Carnevale della Matematica viene ospitata, per l'ottavo anno di fila, qui su DropSea. Il Carnevale, nel frattempo, è giunto alla ragguardevole cifra di 127 edizioni, per cui prima di addentrarci tra i contributi di questo mese e le ormai consuete notizie pi greche permettetemi di introdurvi alle curiosità legate al numero principe dell'edizione.
31.mo numero primo dopo il 113 e prima del 131, il 127 è un numero primo di Mersenne, come il 107, un numero primo isolato, poiché né 125 = 127 - 2 né 129 = 127 + 2 sono numeri primi, e un numero primo cubano. No, questo genere di numeri non è stato scoperto né da un matematico cubano, né è stato visto scorrazzare sulle spiaggie di Cuba, ma nella sua espressione gioca un ruolo fondamentale il cubo.
In effetti si distinguono due tipi differenti di primi cubani, quelli della prima forma, ricavabili dalla seguente espressione: \[p = \frac{x^3-y^3}{x-y} \text{ con } x = y+1\] ovvero della forma \[3y^2+3y+1\] e quelli della seconda forma \[p = \frac{x^3-y^3}{x-y} \text{ con } x = y+2\] ovvero della forma \[3y^2+6y+4\] con $y$ numero intero positivo. In particolare il 127 è un primo cubano della prima forma: per generarlo basta mettere 6 al posto di $y$. In realtà non tutti i numeri di questa forma sono anche primi. Ad esempio per $y$ pari a 5 si ottiene 91, che è solo dispari, e per $y$ pari a 7 ecco 169 come risultato, neanch'esso primo. Sempre restando nel "dominio" dei numeri primi, il 127 è anche la somma dei primi 9 numeri primi dispari.
Il 127 è anche un numero esagonale centrato, ovvero uno di quei numeri che può essere rappresentato con la forma di un esagono e assume l'espressione matematica \[1 + 3n (n-1)\] che sviluppandola diventa \[3n^2 -3n +1\] che non è molto differente dalla prima forma dei numeri cubani. E infatti i numeri esagonali che si ottengono con $n$ intero positivo sono gli stessi numeri cubani della prima forma, numero 1 a parte che è "solo" esagonale (è cubano, ma non primo cubano, per $y = 0$).
Tornando un attimo ai numeri primi di Mersenne, ovvero numeri della forma $2^n-1$, si scopre agilmente che 127 è il più piccolo primo di Mersenne triplo. Il motivo è che $127 = 2^7-1$ e $7=2^3-1$, con $3=2^2-1$ il più piccolo numero di Mersenne e $7$ il più piccolo numero di mersenne doppio.
Il 127 è anche un numero di Motzkin, il settimo per la precisione. Questi numeri curiosi vennero scoperti da Theodore Motzkin in ambito geometrico.
Li spiego con un esempio: supponiamo di mettere su una circonferenza 4 punti. A questo punto ci possiamo chiedere in quanti modi possiamo collegare i punti con delle corde che non si intersecano. La risposta è 9, che è anche il quinto numero di Motzkin. Ovviamente ogni numero di questo genere risponde proprio alla domana su quanti modi esistono per collegare $n$ punti su una circonferenza con corde non intersecantesi.
E' anche un numero di Friedman in ben due basi differenti. In base 10: \[120 = -1+2^7\] e in base 2: \[1111111 = (1 + 1)^{111} - 1 \cdot 1\] dove ovviamente 1111111 è la rappresentazione binaria di 127.
Come il 117è un numero congruente e nontotiente e come il 37è anche fortunato. Inoltre fa parte della terna pitagorica (127, 8064, 8065).
Altra proprietà curiosa è quella di essere il numero dispari più piccolo che non può essere scritto nella forma $p + 2^n$, con $p$ numero primo ed $n$ intero.
Fuori dall'ambito matematico il 127 è associato a due oggetti celesti, la cometa 127P/Holt-Olmstead e l'asteroide 127 Johanna.
Come di consueto i pezzi di storia del pi greco sono inseriti tra un contributo e l'altro come notizie pi greche, per cui iniziamo subito con i contributi dei carnevalisti per l'edizione 2019 del pi day!
Leonardo Petrillo, bravo blogger che mescola spesso insieme la musica con la matematica, non necessariamente per usare la prima come gancio per la seconda, ma per il semplice gusto di ascoltare della buona musica, propone due contributi legati uno all'altro da leggere in sequenza:
Camille Jordan e la misura di Peano:
Trattasi di un lungo post dedicato alla figura del grande matematico francese Camille Jordan.
All'inizio viene delineata la biografia del suddetto matematico e viene riportata un'interessantissima spiegazione, da parte di Ian Stewart, degli studi di Jordan inerenti ai gruppi.
Dopodiché si passa all'illustrazione di uno dei maggiori contributi (la misura di Peano-Jordan) apportati da Jordan alla matematica, sia da un punto di vista storico sia entrando brevemente nei dettagli tecnici.
Lemma di Jordan:
Il suddetto post continua la serie di spiegazioni (trattasi precisamente della puntata n.9) relative all'analisi complessa che man mano sto scrivendo sul blog Scienza e Musica. Gli argomenti centrali sono il lemma di Jordan, di cui viene fornita pure la dimostrazione, e alcuni lemmi minori. Anche se non è un contributo prettamente dedicato al pi greco, il celebre simbolo fa spesso la sua comparsa all'interno dell'articolo.
Mauro Merlotti, dello Zibaldone scientifico, propone due contributi a tema $\pi$: Pi greco e spazi curvi e Quiz:
Nel primo si vede che pi greco rimane una "costante" fin che restiamo nell'ambito della geometria euclidea, ma con geometrie iperboliche o ellittiche la costante più famosa può assumere il valore che si vuole; inoltre ci si rende conto che, data una circonferenza, non si riesce neanche a definire pi greco in modo univoco per calcolarne l'area o la lunghezza.
Il secondo contributo riguarda un problema decisamente controintuitivo: per il calcolo del volume di un portatovagliolo serve solo l'altezza, cioè il volume non dipende dal diametro dell'anello.
Notizie pi greche #24


Dilbert di Scott Adams

Nel 1910 il più noto matematico indiano, Srinivasa Ramanujan, trovò una serie di formule rapidamente convergenti per il calcolo delle cifre decimali del $\pi$. Una di queste è già comparsa in una delle precedenti notizie pi greche. La ripropongo anche qui per rinfrescare la memoria: \[\frac{1}{\pi} = \frac{2 \sqrt{2}}{9801} \sum_{k=0}^{\infty} \frac{(4k!) (1103 + 26390k)}{(k!)^4 396^{4k}}\] Un'ampia collezione di formule e metodi per determinare le cifre decimali del $\pi$ dovute a Ramanujan sono presenti in un suo articolo del 1914, Modular equations and approximations to $\pi$, che sono anche la base di partenza per le così dette formule di Ramanujan-Sato, sviluppate a partire dal lavoro del 2002 di Takeshi Sato proprio sull'articolo di Ramanujan. Di questo genere di formule ne esistono 11 tipi o livelli, ma tutte sono riducibili alla seguente struttura: \[\frac{1}{\pi} = \sum_{k=0}^\infty s(k) \frac{Ak+B}{C^k}\] dove $s(k)$ è una sequenza di interi che può essere espressa usando i coefficienti binomiali (che per semplificare possiamo dire sono i numeri di cui è fatto il triangolo di Tartaglia, o di Pascal, dipende se siete italiani o francesi!), mentre $A$, $B$, $C$ sono forme modulari, ovvero funzioni analitiche a più dimensioni generalmente a valori complessi... e più semplice di così non riesco a spiegarle. O forse potrei proporre come esempio di forma modulare la serie di Eisenstein (che peraltro è stata oggetto di studio proprio di Ramanujan): \[E_k(\Lambda) = \sum_{0 \neq\lambda\in\Lambda}\lambda^{-k}\] dove $k$ è un intero maggiore di $2$, condizione necessaria per la convergenza della serie, mentre $\lambda$ è un vettore dello spazio $\Lambda$.
L'aspetto interessante del coinvolgimento delle forme modulari è che le serie di Ramanujan-Sato note fino al 2012 coinvolgevano numeri reali, ma la prima con numeri complessi venne scoperta proprio quell'anno dal trio Heng Huat Chan, James Wan, Wadim Zudilin, che hanno contribuito abbondantemente allo sviluppo di questa particolare tipologia di successioni, che peraltro sono alla base degli algoritmi utilizzati oggi per determinare sempre più cifre del $\pi$.
S. Ramanujan (1914), "Modular equations and approximations to $\pi$", Quarterly Journal of Mathematics XLV, 350 – 372 (pdf)
T. Sato, Apéry numbers and Ramanujan's series for $\pi$, Abstract of a talk presented at the Annual meeting of the Mathematical Society of Japan, 28–31 March 2002
Chan, H. H., Wan, J., & Zudilin, W. (2012). Complex series for $1 / \pi$. The Ramanujan Journal, 29(1-3), 135-144. doi:10.1007/s11139-011-9358-2 (pdf)
Annalisa Santi, che ha avuto un piccolo problema tecnico, per poter partecipare comunque al Carnevale del pi day pesca dai suoi archivi un articoletto del 2016, Diabulus in musica, un vals per il pi greco:
Una bellissima e originalissima composizione del pianista Jean Filoramo che, in una serata dedicata al Tango, così l'aveva annunciata:
"Ce soir, pour la première fois au PlayTango de Pavia chez Mariotango, j'executerai le "Vals du Pi" pour pianoforte en La minore que j'ai composé en suivant les 69 (Département 69 à Lyon ou je suis né) premières décimales du nombre Pi ($\pi$).
Dédié à mon amie Annalisa Santi
"
Flavio Ubaldini, altro esperto della commistione tra matematica e musica, manda due contributi come al solito interessanti:
L'imprescindibile ruolo dell'invezione dei numeri nello sviluppo dell'umanità - Caleb Everett
Ho riportato delle interessanti considerazioni di Caleb Everett sul ruolo imprescindibile che "l'invezione" dei numeri avrebbe avuto per lo sviluppo dell'umanità.
"...il fatto che alcuni esseri umani siano stati capaci di inventare i numeri è dovuto in larga misura a fattori anatomici. ... Abbiamo cinque dita per mano. La nostra biologia ci fornisce continuamente insiemi di cinque elementi corrispondenti per il cui riconoscimento non siamo cognitivamente predeterminati, così come non lo sono le altre specie. Tuttavia gli esseri umani sono stati in grado di riconoscere questa corrispondenza, ma il mero riconoscimento di tale corrispondenza biologica non conduce necessariamente ai numeri. Si possono riconoscere le quantità, comprese le cinque dita della mano, anche solo in maniera fugace. Tuttavia, quando si introducono parole come "cinque" ..."
Quindi Il mistero del suono senza numero - matematica e musica a Esperienza inSegna 2019
Il 21 e il 22 febbraio ho parlato di "Matematica e musica" a Palermo e, come lo scorso anno al premio-UMI Archimede, sono rimasto molto soddisfatto.
Giovedì 21 ho avuto un pubblico di più di cinquanta tra docenti e studenti del dipartimento di matematica e informatica. Alla fine ho ricevuto una grande quantità di domande interessanti...
Venerdì 22 è stata la volta di Esperienza inSegna 2019. Il pubblico era di circa 180 persone tra studenti e docenti di scuole superiori, tra cui un liceo musicale. Ci sono stati applausi a scena aperta rivolti soprattutto a ...
Qui troverete anche un video con le foto della giornata.
Maurizio Codogno, che solitamente propone un gran numero di contributi, questo mese è parco di proposte, probabilmente a causa dell'impegnativo (ma solo nel titolo!) contributo iniziale pubblicato sul suo blog sul Post: La dimostrazione matematica più lunga - È impossibile che qualche essere umano la possa leggere.
Più ricco il sommario dalle Notiziole: Infine Maurizio mi/ci ricorda che venerdì 15 alle 19 sarà a Bookpride per presentare il suo ultimo libro, Numeralia: tutti i lettori milanesi sono dunque avvisati!
Notizie pi greche #25


Fox Trot di Bill Amend

Nella ricerca delle migliori approssimazioni di pi greco, Srinivasa Ramanujan scoprì due interessanti approssimazioni che possono essere determinate con due particolari costruzioni geometriche.
La prima approssimazione \[\frac{355}{113} \left ( 1 − \frac{0.0003}{3533} \right ) = 3.1415926535897943 \cdots\] più grande di $\pi$ di circa il $10^{-15}$.
Vediamo come descrive la costruzione il matematico indiano:
Sia $AB$ il diametro di un cerchio di centro $O$. Bisecare $AO$ in $M$ e trisecare $OB$ in $T$. Tracciare da $T$ un segmento perpendicolare ad $AB$ che interseca la circonferenza in $P$. Disegnare una corda $BQ$ uguale a $PT$ e tracciare il segmento $AQ$. Disegnare da $O$ e da $T$ due segmenti paralleli a $BQ$ che intersecano $AQ$ rispettivamente in $S$ ed $R$. Disegnare una corda $AD$ uguale ad $AS$ e un segmento tangente alla circonferenza $AC = RS$. Tracciare i segmenti $BC$, $BD$ e $CD$; determinare su $BD$ il punto $E$ tale che $BE = BM$ e disegnare in $E$ un segmento parallelo a $CD$ che incontra $BC$ in $X$.
A questo punto il quadrato di $BX$ è quasi uguale all'area del cerchio, con un errore minore di un decimo di pollice quando il diametro del cerchio è di 40 miglia.
La seconda approssimazione \[\left( 9^2 + \frac{19^2}{22} \right )^{1/4}\] è invece legata a questa seconda costruzione geometrica:
Sia $AB$ il diametro di una circonferenza di centro $O$. Bisecare la semicirconferenza superiore in $C$ e trisecare $AO$ in $T$. Tracciare il segmento $BC$ e segnare i segmenti $CM$ e $MN$ uguali ad $AT$. Tracciare i segmenti $AM$ e $AN$ e trovare $P$ lungo quest'ultimo segmento in modo tale che $AP = AM$. Da $P$ tracciare la parallela a $MN$ che interseca $AM$ in $Q$. Tracciare $OQ$ e da $T$ il segmento parallelo a $OQ$ che interseca $AQ$ in $R$. Tracciare il segmento $AS$ perpendicolare ad $AO$ e uguale ad $AR$, quindi tracciare il segmento $OS$.
A questo punto il medio proporzionale tra $OS$ e $OB$ sarà molto vicino a essere uguale a un sesto della circonferenza, con un errore inferiore a un dodicesimo di polliche quando il diametro è 8000 miglia.
S. Ramanujan (1914), "Modular equations and approximations to $\pi$", Quarterly Journal of Mathematics XLV, 350 – 372 (pdf)
Roberto Zanasi prova a raccontarci Il bello della matematica a partire da un quesito proposto durante la gara provinciale delle Olimpiadi della Matematica.
Marco Fulvio Barozzi ci guida nei principi fondamentali della matematica con L'assiomatizzazione della geometria e il problema dei fondamenti
Solo negli ultimi vent'anni dell'800 rinacque l'interesse per i "principi primi”" della matematica e della geometria, inaugurando quell'epoca cinquantennale della storia di queste discipline che avrebbe preso il nome di "crisi dei fondamenti". Un primo esempio veramente interessante di assiomatizzazione della geometria fu disponibile in stampa nel 1882, quando il tedesco Moritz Pasch pubblicò le Conferenze sulla geometria moderna, anticipando di due anni un analogo, più noto e più controverso tentativo del connazionale Gottlob Frege riguardante l'aritmetica.
Come al solito ricco il sommario dei contributi dei Rudi Mathematici:
  • Questo mese abbiamo due "compleanni" da sottoporre, come capita sempre quando quello del mese $N-1$ esce sul blog dopo la data fatidica del 14 e quello del mese $N$ esce invece prima. Ebbene, il 19 febbraio scorso abbiamo festeggiato Niccolò Copernico: il titolo originale del pezzo era Punti di vista, ma come sempre sul blog il titolo si trasforma in un augurio: Buon compleanno, Niccolò
  • L’enigma dello spenditoreè invece il titolo di quello che - almeno apparentemente - è l'ultimo pezzo della lunga serie degli Enigmi di Canterbury di Dudeney. È assolutamente notevole soprattutto perché Rudy, dopo aver massacrato per una cinquantina di pezzi il povero traduttore, alla fine confessa perfino che qualche volta era il traduttore ad avere ragione. Inaudito.
  • Il post di soluzione del problema pubblicato a Febbraio su Le Scienze si intitola Torte all'infinito perché prevede un utilizzo assai riprovevole di splendide torte circolari costrette ad essere ripetutamente sbriciolate in poligoni regolari. L'ennesimo sacrificio di splendidi prodotti ipercalorici sull'altare della Dea Geometria, ahimè.
  • Parlando del "compleanno" di Copernico ricordavamo la regola che prevede che ogni compleanno perda il suo titolo originale per trasformarsi sul blog in un augurio esplicito nel giorno del genetliaco. Ogni regola ha la sua eccezione, e questo Perché le mimoseè cotanta eccezione: è uscito l'otto marzo, Festa della Donna, ed è proprio per celebrare la ricorrenza che è stato scritto. Si parla infatti dell'origine della festa, della sua storia ed evoluzione, e infine si concentra tracciando un parallelo tra due scienziate entrambe geniali, quasi coetanee, che hanno avuto - e non certo per colpa loro - destini e carriere del tutto diverse: Maria Curie e Clara Immerwahr.
  • Proprio in contemporanea con il Carnevale esce un breve post della serie Quick&Dirty, il cui titolo esplicativo, Mondo ladro conciona sulle difficoltà tecniche di comunicazione in un fantasioso e ipotetico mondo in cui tutti sono ladri. D'accordo, d'accordo... forse poi non così tanto "fantasioso e ipotetico", d'accordo. Ma un minimo di ottimismo ci vuole, no?
  • Se il post appena citato vedrà la luce solo il giorno del pi day, è con malcelato orgoglio che palesiamo la soddisfazione nell'annunciare che invece il numero 242 di Rudi Mathematici (pdf), l'e-zine, una volta tanto è uscita con un ritardo leggero e compatibile con il CdM. Incredibile, vero? RM di Marzo 2019 è già disponibile...
Altrettanto ricca è la proposta che viene dal sito multi-autore Math is in the air:
Notizie pi greche #26


Leonardo di de Groot e Turk

Una delle illustrazioni più note di Leonardo Da Vinciè L'uomo vitruviano, che vede un uomo incastonato all'interno di un quadrato e di una circonferenza intersecantesi tra loro. L'illustrazione di Leonardo è ispirata a un passaggio dal De architectura di Vitruvio dove vengono descritte le divine proporzioni di un essere umano. Vediamo di capire se, dal punto di vista matematico, l'illustrazione di Leonardo e, per traslato, l'uomo descritto da Vitruvio ha qualcosa di divino o perfetto.
Se prendiamo un cerchio di raggio 1, allora il quadrato dell'uomo vitruviano leonardesco ha lato pari a 1.656, mentre il quadrato corrispondende quadrato aureo ha lato 1.618. Se invece vogliamo che il perimetro del quadrato sia uguale alla circonferenza del cerchio, allora il lato del quadrato risulta pari a 1.571; se infine vogliamo che le aree delle due figure geometriche siano congruenti, allora il quadrato deve avere lato 1.772. Da questo breve esame vediamo che L'uomo vitruviano*, per quanto sembri connesso al famoso problema della quadratura del cerchio, non riesca nell'intento, oltre a risultare una stima per eccesso del quadrato divino, se mi passate il termine.
Eppure, secondo qualcuno, Leonardo è andato vicino alla quadratura del cerchio per approssimazione. Intorno all'uomo vitruviano, infatti, si possono realizzare tutta una serie di costruzioni geometriche, o basate sulla descrizione di Vitruvio o per ricostruire il cerchio e il quadrato di Leonardo. In particolare tale Hubert Weller ha identificato una costruzione geometrica, basata sull'uomo vitruviano, che portata avanti per iterazione permette di quadrare il cerchio!
R.Berdan (2004). Vitruvian Man by Leonardo da Vinci (html
Murtinho, V. (2015). Leonardo’s vitruvian man drawing: a new interpretation looking at Leonardo’s geometric constructions. Nexus Network Journal, 17(2), 507-524. doi:10.1007/s00004-015-0247-7
Weller, H. (1999). Squaring the Circle and Leonardos Vitruvian man (pdf)
Sempre corposo è anche il sommario dei contributi di MaddMaths!, rivista di divulgazione matematica diretta da Roberto Natalini:
  • Pigreco e la bicicletta:
    La nuova proposta di Gianluigi Boccalon per la rubrica Esperienze Transdisciplinari di Matematica da lui curata ha l'ambizione di introdurre le basi della trigonometria nella scuola secondaria di primo grado, attraverso un percorso che ruota, è proprio il caso di dire, attorno alla bicicletta.
  • Disuguaglianze di genere nella ricerca e come combatterle, intervista con la sociologa Annalisa Murgia:
    Annalisa Murgia è professoressa associata di Sociologia Generale all'Università di Milano e titolare dell'ERC Starting Grant SHARE. Si occupa di disuguaglianze di genere nel mondo della ricerca e la intervista per noi Chiara de Fabritiis, coordinatrice del gruppo pari opportunità dell'Unione Matematica Italiana.
  • Tutti possono imparare la matematica ad alti livelli: dalle neuroscienze alcune scoperte che dovrebbero cambiare il nostro modo di insegnare:
    Jo Boalerè professore di Mathematic Education alla Stanford University, e cofondatrice di youcubed.org, il sito sull'insegnamento della matematica di cui su MaddMaths! abbiamo un versione parzialmente tradotta in italiano, Youcubed Italia. In questo articolo Jo Boaler presenta alcune nuove scoperte che secondo lei dovrebbero cambiare il modo di insegnare matematica. Tradotto per MaddMaths! da Martina Cecchetto e Federica Poli, con la supervisione di Anna Baccaglini-Frank, dall'originale inglese apparso nel Blog dell'American Mathematical Society On Teaching and Learning Mathematics.
  • Gli angoli retti, questi sconosciuti:
    Da qualche tempo collaboriamo con Adam Atkinson che è solito proporci problemi o osservazioni curiose e interessanti. Questa volta ci presenta un teorema parecchio strano. Forse si è sbagliato, ma dove? Sembra tutto giusto. Ci aiutate a trovare il bandolo della matassa?
  • Romanian Master of Mathematics 2019:
    Bucarest ha accolto anche quest'anno una squadra italiana per i Romanian Master of Mathematics (RMM), arrivati alla loro undicesima edizione. È una delle gare di matematica più prestigiose (e difficili) al mondo, cui si partecipa per invito. Luigi Amedeo Bianchi ci racconta come è andata.
  • Matematica e Calcio a velocità 5G:
    Presto, anche in Italia, le reti di comunicazione mobile adotteranno la tecnologia 5G che consentirà di raggiungere velocità di trasmissione molto più elevate di quelle attuali. Scopriamo cosa c'entrano il calcio e la matematica.
  • Otto, l'uomo riscritto, recensione matematica:
    Esce per la prima volta in Italia, edita da Coconino Press-Fandango, una graphic novel di Marc-Antoine Mathieu. È un fumetto complesso, con elementi che toccano filosofia, arte, psicologia e matematica. Vi proponiamo una recensione di Roberto Natalini.
  • La polvere sotto il tappeto (con perimetro pari):
    Dopo il suo articolo su un problema di terza elementare impossibile, Alberto Saraccoè stato, amichevolmente rimbrottato da più parti per uno specifico passaggio trattato con una certa disinvoltura. Vediamo cosa è successo.
Come da tradizione, chiudiamo il Carnevale con i contributi provenienti dal blog ospitante:
  • Lo spaziotempo che cambia: articolo dedicato alla gravità quantistica, realizzato in concomitanza con una mia conferenza per gli insegnanti di matematica e fisica sullo stesso argomento tenuta al liceo "Cavalleri" di Parabiago.
  • Per la serie dei WikiritrattiTobias Dantzig, matematico lettone famoso soprattutto per aver realizzato quello che secondo Albert Einsteinè il libro più interessante sull'evoluzione della matematica.
  • Due Dimostrazioni senza parole, entrambe dedicate al pi greco: la formula di Hutton e la formula di Strassnitzky.
  • Usain Boltè stato veramente il più veloce di tutti i tempi? E grazie a lui abbiamo realmente raggiunto i limiti umani nella corsa? Proviamo a capirci qualcosa in Corri, Usain, corri.
  • Per I Rompicapi di Alice ecco Tutta questione di memoria, un excursus sui "calcolatori" umani, la loro memoria, la loro creatività matematica.

Infine dal Caffé del Cappellaio Matto un nuovo articolo della serie de La fisica dei supereroi: In viaggio con Capitan Marvel.
Per proseguire con le tradizioni consolidate, arriva in chiusura la cellula matematica realizzata da Flavio Ubaldini. Prima di lasciarvi al breve ascolto, vi ricordo che il prossimo carnevale, che si terrà il 14 aprile, sarà ospitato su MaddMaths!


Breve storia del pi greco / parte 6

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E siamo giunti alla sesta puntata della "breve storia del pi greco" che sto componendo con certosina pazienza all'interno dei Carnevali della Matematica in edizione "pi day". E anche se l'edizione #127è ancora abbastanza fresca, eccovi subito la puntata 2019 della storia del numero che ha fatto la matematica!


Dilbert di Scott Adams

Nel 1910 il più noto matematico indiano, Srinivasa Ramanujan, trovò una serie di formule rapidamente convergenti per il calcolo delle cifre decimali del $\pi$. Una di queste è già comparsa in una delle precedenti puntate della breve storia. La ripropongo anche qui per rinfrescare la memoria: \[\frac{1}{\pi} = \frac{2 \sqrt{2}}{9801} \sum_{k=0}^{\infty} \frac{(4k!) (1103 + 26390k)}{(k!)^4 396^{4k}}\] Un'ampia collezione di formule e metodi per determinare le cifre decimali del $\pi$ dovute a Ramanujan sono presenti in un suo articolo del 1914, Modular equations and approximations to $\pi$, che sono anche la base di partenza per le così dette formule di Ramanujan-Sato, sviluppate a partire dal lavoro del 2002 di Takeshi Sato proprio sull'articolo di Ramanujan. Di questo genere di formule ne esistono 11 tipi o livelli, ma tutte sono riducibili alla seguente struttura: \[\frac{1}{\pi} = \sum_{k=0}^\infty s(k) \frac{Ak+B}{C^k}\] dove $s(k)$ è una sequenza di interi che può essere espressa usando i coefficienti binomiali (che per semplificare possiamo dire sono i numeri di cui è fatto il triangolo di Tartaglia, o di Pascal, dipende se siete italiani o francesi!), mentre $A$, $B$, $C$ sono forme modulari, ovvero funzioni analitiche a più dimensioni generalmente a valori complessi... e più semplice di così non riesco a spiegarle. O forse potrei proporre come esempio di forma modulare la serie di Eisenstein (che peraltro è stata oggetto di studio proprio di Ramanujan): \[E_k(\Lambda) = \sum_{0 \neq\lambda\in\Lambda}\lambda^{-k}\] dove $k$ è un intero maggiore di $2$, condizione necessaria per la convergenza della serie, mentre $\lambda$ è un vettore dello spazio $\Lambda$.
L'aspetto interessante del coinvolgimento delle forme modulari è che le serie di Ramanujan-Sato note fino al 2012 coinvolgevano numeri reali, ma la prima con numeri complessi venne scoperta proprio quell'anno dal trio Heng Huat Chan, James Wan, Wadim Zudilin, che hanno contribuito abbondantemente allo sviluppo di questa particolare tipologia di successioni, che peraltro sono alla base degli algoritmi utilizzati oggi per determinare sempre più cifre del $\pi$.

Fox Trot di Bill Amend

Nella ricerca delle migliori approssimazioni di pi greco, Ramanujan scoprì due interessanti approssimazioni che possono essere determinate con due particolari costruzioni geometriche.
La prima approssimazione \[\frac{355}{113} \left ( 1 − \frac{0.0003}{3533} \right ) = 3.1415926535897943 \cdots\] più grande di $\pi$ di circa il $10^{-15}$.
Vediamo come descrive la costruzione il matematico indiano:
Sia $AB$ il diametro di un cerchio di centro $O$. Bisecare $AO$ in $M$ e trisecare $OB$ in $T$. Tracciare da $T$ un segmento perpendicolare ad $AB$ che interseca la circonferenza in $P$. Disegnare una corda $BQ$ uguale a $PT$ e tracciare il segmento $AQ$. Disegnare da $O$ e da $T$ due segmenti paralleli a $BQ$ che intersecano $AQ$ rispettivamente in $S$ ed $R$. Disegnare una corda $AD$ uguale ad $AS$ e un segmento tangente alla circonferenza $AC = RS$. Tracciare i segmenti $BC$, $BD$ e $CD$; determinare su $BD$ il punto $E$ tale che $BE = BM$ e disegnare in $E$ un segmento parallelo a $CD$ che incontra $BC$ in $X$.
A questo punto il quadrato di $BX$ è quasi uguale all'area del cerchio, con un errore minore di un decimo di pollice quando il diametro del cerchio è di 40 miglia.
La seconda approssimazione \[\left( 9^2 + \frac{19^2}{22} \right )^{1/4}\] è invece legata a questa seconda costruzione geometrica:
Sia $AB$ il diametro di una circonferenza di centro $O$. Bisecare la semicirconferenza superiore in $C$ e trisecare $AO$ in $T$. Tracciare il segmento $BC$ e segnare i segmenti $CM$ e $MN$ uguali ad $AT$. Tracciare i segmenti $AM$ e $AN$ e trovare $P$ lungo quest'ultimo segmento in modo tale che $AP = AM$. Da $P$ tracciare la parallela a $MN$ che interseca $AM$ in $Q$. Tracciare $OQ$ e da $T$ il segmento parallelo a $OQ$ che interseca $AQ$ in $R$. Tracciare il segmento $AS$ perpendicolare ad $AO$ e uguale ad $AR$, quindi tracciare il segmento $OS$.
A questo punto il medio proporzionale tra $OS$ e $OB$ sarà molto vicino a essere uguale a un sesto della circonferenza, con un errore inferiore a un dodicesimo di polliche quando il diametro è 8000 miglia.

Leonardo di de Groot e Turk

Una delle illustrazioni più note di Leonardo Da Vinciè L'uomo vitruviano, che vede un uomo incastonato all'interno di un quadrato e di una circonferenza intersecantesi tra loro. L'illustrazione di Leonardo è ispirata a un passaggio dal De architectura di Vitruvio dove vengono descritte le divine proporzioni di un essere umano. Vediamo di capire se, dal punto di vista matematico, l'illustrazione di Leonardo e, per traslato, l'uomo descritto da Vitruvio ha qualcosa di divino o perfetto.
Se prendiamo un cerchio di raggio 1, allora il quadrato dell'uomo vitruviano leonardesco ha lato pari a 1.656, mentre il quadrato corrispondente quadrato aureo ha lato 1.618. Se invece vogliamo che il perimetro del quadrato sia uguale alla circonferenza del cerchio, allora il lato del quadrato risulta pari a 1.571; se infine vogliamo che le aree delle due figure geometriche siano congruenti, allora il quadrato deve avere lato 1.772. Da questo breve esame vediamo che L'uomo vitruviano, per quanto sembri connesso al famoso problema della quadratura del cerchio, non riesca nell'intento, oltre a risultare una stima per eccesso del quadrato divino, se mi passate il termine.
Eppure, secondo qualcuno, Leonardo è andato vicino alla quadratura del cerchio per approssimazione. Intorno all'uomo vitruviano, infatti, si possono realizzare tutta una serie di costruzioni geometriche, o basate sulla descrizione di Vitruvio o per ricostruire il cerchio e il quadrato di Leonardo. In particolare tale Hubert Weller ha identificato una costruzione geometrica, basata sull'uomo vitruviano, che portata avanti per iterazione permette di quadrare il cerchio!

S. Ramanujan (1914), "Modular equations and approximations to $\pi$", Quarterly Journal of Mathematics XLV, 350 – 372 (pdf)
T. Sato, Apéry numbers and Ramanujan's series for $\pi$, Abstract of a talk presented at the Annual meeting of the Mathematical Society of Japan, 28–31 March 2002
Chan, H. H., Wan, J., & Zudilin, W. (2012). Complex series for $1 / \pi$. The Ramanujan Journal, 29(1-3), 135-144. doi:10.1007/s11139-011-9358-2 (pdf)
R.Berdan (2004). Vitruvian Man by Leonardo da Vinci (html
Murtinho, V. (2015). Leonardo’s vitruvian man drawing: a new interpretation looking at Leonardo’s geometric constructions. Nexus Network Journal, 17(2), 507-524. doi:10.1007/s00004-015-0247-7
Weller, H. (1999). Squaring the Circle and Leonardos Vitruvian man (pdf)

Madre Terra

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Il mito della Grande Madre, anche intesa come Madre Natura o come Madre Terra, è comune a molte culture primitive ma non solo. In pratica la Grande Madreè una divinità, o entità femminile che incarna il ciclo di nascita-sviluppo-maturità-declino-morte-rigenerazione tipico non solo degli esseri umani, ma anche del ciclo cosmico. Non a caso Children of the Sea, manga in cinque tankobon di Daisuke Igarashi uscito nel 2014 in Italia per Panini Comics, è ricco di miti sulla creazione del mondo, dove le entità femminili hanno un ruolo fondamentale, e sui loro legami con le stelle lontane. Ovviamente è un legame mitico, mistico e interiore che i protagonisti di Children of the Sea sperimentano nel corso della loro ricerca, in qualche modo non molto diversa dalla ricerca di Ronnie James Dio nella sua prima canzone per i Black Sabbath:
In the misty morning, on the edge of time
We've lost the rising sun, a final sign
As the misty morning rolls away to die
Reaching for the stars, we blind the sky
Certo nel caso dei Black Sabbath siamo di fronte a un testo molto più apocalittico, anche se potete molto ben apprezzare dalla prima quartina quanto l'ispirazione proveniente dalle stelle e dall'universo sia molto forte in Childern of the Sea. Abbiamo il concetto del margine del tempo, inteso come la sua fine, quando ormai il Sole si è spento definitivamente mentre i cieli si sono oscurati. In effetti il destino della morte termica dell'universo implica un allontanamento di stelle e galassie tale da rendere bui i cieli del pianeta tra qualche miliardo di anni. Certo è molto probabile che la Terra sia ormai stata distrutta dal Sole, prima che questo esaurisca definitivamente la sua energia, così, in maniera forse un po' più corretta, si dovrebbe dire che questi cieli bui saranno osservati da coloro che, in fuga dalla Terra, si saranno stabiliti su un lontano Plutone, magari reso abitabile da qualche reattore nucleare. In qualche modo il viaggio verso le stelle sembra contemplato anche all'interno del testo di Dio, visto che il verso che da il titolo alla canzone recita
We're lost children of the sea


Torniamo, però, al titolo dell'articoletto, quel Madre Terra da cui sono partito, concetto che nella cultura occidentale viene rappresentato dalla dea greca Gea o Gaia, unica in grado di generare figli senza bisogno di alcun concepimento. Grazie alla partenogenesi genera in pratica tutto l'universo e poi si unisce con il figlio Urano per generare il resto dell'Olimpo. Alla fine, ripulita dal piccolo difettuccio dell'incesto, Gea è diventata il simbolo occidentale della saggezza della Terra e della natura, ispirando non solo la moda new age grazie ai venti del fantasy, ma anche del buon metal:

Topolino #3303: Un piccolo destino

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Tolta la storia d'apertura, L'enigmatica stoffa inconsumabile, il resto del numero del Topolino in edicola questa settimana vivacchia tenendosi intorno a un livello medio basso, iniziando dalla seconda e ultima parte della nuova storia dei Wizards of Mickey.
Plasmare un nuovo destino
L'idea di fondo della storia, rivelata nel finale ma abbastanza evidente sin dal titolo della saga, Destino, è più che lodevole. Il modo di sviluppare il compito risulta, invece, un po' confusionario, come se in fase di stesura della sceneggiatura Matteo Venerus abbia ritenuto opportuno tagliare elementi e situazioni che avrebbero reso più scorrevole la storia. In effetti sembra essere di fronte a una narrazione che procede a scatti, con scene e vignette che non sono ben collegate una all'altra, il che è un peccato sostanzialmente per due motivi: il soggetto, per quanto classico nel genere fantasy, risulta comunque interessante anche per il modo in cui Venerus sembrava volerlo sviluppare; inoltre i disegni di Roberto Marini sono come al solito belli da vedere e in alcune vignette spettacolari, anche grazie alla capacità dell'esperto disegnatore disneyano di passare da una costruzione classica della pagina a una più dinamica e supereroistica (giusto per dare un termine di paragone).
Pluto indaga
Erano un paio di decenni almeno che su Topolino non veniva realizzata una storia con Pluto protagonista. Ci pensano Riccardo Secchi e Alessandro Gottardo con una storia tutto sommato scontata grazie all'uso di trucchi narrativi visti e rivisti soprattutto nelle serie televisive gialle. La scelta è, però, giustificata proprio dalla scelta del protagonista dell'avventura, Pluto, dunque è la sua, di ottica, a dover essere enfatizzata, anche a scapito di una narrazione un po' più interessante. In qualche modo la storia, pur restando gradevole, ha proprio nel soggetto giallo il suo punto di debolezza, e forse si poteva provare a realizzare qualcosa di meno scontato scegliendo, per assurdo, un soggetto più scontato per un cane.
Paperoga alla rovescia
Di principio Il mistero alla rovescia di Giulio D'Antona e Libero Ermetti ha un che di interessante: la storia è raccontata al contrario, scomponendo l'avventura con Paperoga protagonista in tante piccole scene che poi vengono narrate dall'ultima alla prima. L'esperimento, però, risulta in qualche modo non completamente soddisfacente. Molte gag, infatti, risultano comprensibili solo dopo aver letto le scene successive, che in realtà sono quelle precedenti, mentre il soggetto stesso della storia, una volta conclusa, risulta particolarmente surreale e in ogni caso non completamente sviluppato nemmeno leggendo la storia nell'ordine giusto. Cosa che peraltro risulta comunque complicata, visto che alcune delle scene sono state studiate per essere debolmente legate una all'altra nonostante la narrazione alla rovescia. Il risultato finale è quello di una storia più confusionaria che surreale, che forse voleva essere l'obiettivo principale di D'Antona, che soddisfa solo sul lato estetico grazie al tratto gradevole di Ermetti.

Il mondo povero di Yona Friedman

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Yona Friedman non è un anarchico, anche se ha avuto molte influenze libertarie. Queste, in particolare, si notano in un testo di rapida lettura ma di grande chiarezza, Come vivere con gli altri senza essere né servi né padroni, riportato in Italia grazie ad elèuthera, meritoria piccola casa editrice di testi anarchici i cui libri solitamente mi procuro presso Il libraccio o presso quell'altra meritoria istituzione che si chiama Book Pride.
Ciò che colpisce di più del saggio di Friedman è l'agile commistione tra disegni e testo. I disegni, che in pratica sono schematici, molto simili alle pitture rupestri realizzate dai nostri antenati primitivi prima dell'invenzione della scrittura, rendono più semplice la comprensione delle idee di Friedman sull'esistenza di due generi di gruppi distinti, quelli paritari e quelli gerarchici. E' evidente che Friedman non si schiera a favore di uno o dell'altro, ma semplicemente cerca di descriverli nel modo più oggettivo possibile in un certo senso per permettere al lettore di poter scegliere quale sia la sua condizione preferita. Il motivo di questa scelta è evidente, ed è ben raccontato nella parte centrale del libro, 24 pagine di un testo lucido e incentrato sul mondo povero, dove l'architetto anticipa i movimenti sulla decrescita suggerendo che, in vista del possibile crollo dell'attuale modello gerarchico cresciuto ben oltre le proprie capacità, le istituzioni dovrebbero iniziare a realizzare strutture locali autonome in grado di distribuire le risorse primarie senza la necessità di attendere rifornimenti o ordini dal centro. Inoltre Friedman non solo ritiene che tale modello sia più efficace, ma permetterebbe anche una riduzione dei commerci, oltre che una diminuzione della specializzazione, rispondendo anche a una delle obiezioni più classiche, quella sul progresso tecnologico: il suo esempio più lampante sono proprio i gruppi di ricerca, che in tutto il mondo riescono, senza eccessive specializzazioni al loro interno, a costruire tecnologie e conoscenze che prima non c'erano. In questo senso la sempre maggiore specializzazione degli scienziati sembrerebbe un ostacolo, che in qualche modo viene controbilanciato dalla maggiore multidisciplinarietà di molte linee di ricerca considerate di frontiera, come ad esempio quelle astrobiologiche.
In qualche modo il modello della ricerca scientifica potrebbe essere proprio la strada da seguire per la costruzione di una società un po' più vicina a quella libertaria, ma questa è solo una delle conclusioni di chi scrive alla chiusura di un testo diretto non solo grazie alla prosa chiara di Friedman, ma anche grazie all'uso di disegni schematici e di facile comprensione.

Le ultime pagine

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Il 24 maggio 1543 le ultime pagine del suo libro arrivarono da Norimberga. Donner le portò al letto del malato, e l'istante successivo vide la vita abbandonare il suo corpo, come se Copernico avesse resistito tutti quei mesi solo per vedere il libro terminato.
- da Il segreto di Copernico di Dava Sobel
I tempi, nella memoria, si confondono, mentre gli eventi sembrano susseguirsi a scatti, come scene di un film. Così potrei dire di avere un'idea abbastanza precisa di ciò che dovrebbe aver provato Jerzy Donner in quel momento: entrare nella sala rianimazione un'ultima volta e poi, alcune ore dopo, ricevere l'annuncio della fine delle sue sofferenze, come se avesse atteso che fossimo di nuovo tutti insieme.
Quasi un anno e mezzo fa.
Non me la sento di scrivere di più su mio padre e su come ha lottato letteralmente fino all'ultimo respiro, ma in qualche modo oggi sentivo la necessità di doverlo ricordare.
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