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Il problema della cappelliera di Archimede

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Chiudi una sfera all'interno di un cilindro il cui raggio di base è identico al raggio della sfera. Taglia le due figure così incastonate una dentro l'altra con due piani paralleli al piano del cerchio di base del cilindro. La superficie laterale delle due figure così estratte da sfera e cilindro è identica.
Questo teorema, noto come il teorema della cappelliera di Archimede, venne scoperto dal matematico siracusano e gli permise di calcolare la superficie esterna di una sfera, il tutto all'interno del suo trattato Della sfera e del cilindro. \[A = 4 \pi r^2\] In pratica il teorema stabilisce l'equivalenza della superficie della proiezione di una sfera su un cilindro: su questo risultato si basano le proiezioni cilindriche utilizzate nella cartografia e introdotte dal matematico Johann Heinrich Lambert.
Nel 2006 Vin De Silva ha generalizzato il teorema della cappelliera(1) sostituendo al cilindro un cono sferico e ai piani paralleli due sfere concentriche centrate sul vertice del cono.
(1) De Silva, V.. (2006). A Generalisation of Archimedes' Hatbox Theorem. The Mathematical Gazette, 90(517), 132–134.

Modelli atomici

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Nell'ormai morto sito dedicato al breve documentario scientifico Powers of ten erano presenti alcuni modelli matematici sulla struttura della realtà. Seguendo lo spirito originario degli autori, Charles e Ray Eames, era presente anche il famoso modello planetario di Johannes Kepler basato sui solidi platonici e pubblicato sul trattato Mysterium Cosmographicum:
Ingrandendo la parte centrale del modello si ottiene una visione di quello che si trova all'interno della terza sfera dell'immagine precedente, ovvero i pianeti più interni:
Da Kepler e dal sistema solare saltiamo al micromondo degli atomi con Lord Kelvin e al suo modello atomico a vortici(1), che, seppure errato, abbe il cantaggio, come ricorda Frank Wilczek, di dare origine alla teoria topologica dei nodi.
Il primo modello in qualche modo efficace venne proposto da Joseph John Thomson(2): il modello a panettone si basava sui risultati sperimentali ottenuti da Thomson, che aveva scoperto l'elettrone nel 1894. Secondo Thomson gli elettroni si disponevano all'interno di una distribuzione sferica caricata positivamente.
Anche questo modello si rivelò errato grazie all'esperimento del 1909 di Hans Geiger ed Ernest Marsden, i cui risultati vennero correttamente interpretati da Ernest Rutherford nel 1911, conducendolo così al modello atomico che porta il suo nome(3).
Da qui il passo al modello di Bohrè breve:
E oggi, invece, per l'atomo si parla di orbitali elettronici intorno al nucleo, strutture non perfettamente definibili se non come una superfici o nuvole a simmetria sferica dove è probabile trovare l'elettrone, ottenendo alla fine un'immagine dell'atomo di idrogeno(4) completamente differente rispetto a quelle che abbiamo visto in precedenza:

(1) Thomson, W. (2014). On Vortex Atoms Proceedings of the Royal Society of Edinburgh, 6, 94-105 DOI: 10.1017/S0370164600045430 (html)
(2) Thomson, J. (1904). On the structure of the atom: an investigation of the stability and periods of oscillation of a number of corpuscles arranged at equal intervals around the circumference of a circle; with application of the results to the theory of atomic structure Philosophical Magazine Series 6, 7 (39), 237-265 DOI: 10.1080/14786440409463107 (pdf)
(3) Rutherford, E. (1911). The scattering of $\alpha$ and $\beta$ particles by matter and the structure of the atom Philosophical Magazine Series 6, 21 (125), 669-688 DOI: 10.1080/14786440508637080 (pdf)
(4) Stodolna, A., Rouzée, A., Lépine, F., Cohen, S., Robicheaux, F., Gijsbertsen, A., Jungmann, J., Bordas, C., & Vrakking, M. (2013). Hydrogen Atoms under Magnification: Direct Observation of the Nodal Structure of Stark States Physical Review Letters, 110 (21) DOI: 10.1103/PhysRevLett.110.213001

Biosfere artificiali

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(...) Dyson è troppo modesto
Richard Carrigan(5)
Le sfere di Dyson
La ricerca di vita extraterrestre ha, come già scritto, alcuni illustri padri fondatori: Enrico Fermi e il suo paradosso; Giuseppe Cocconi e Philip Morrison e la loro proposta del 1959 di utilizzare la radioastronomia per la ricerca di segnali extraterrestri di origine intelligente(1); Frank Drake con la sua famosa equazione, e quindi con il progetto Ozma(2), così chiamato per la regina della terra immaginaria di Oz, un luogo molto lontano, difficile da raggiungere e popolato da esseri esotici, una sorta di proto-SETI, progetto che Drake contribuì a fondare e lanciare.
L'anno successivo a fornire una possibile traccia per il tipo di segnali cosmici di più probabile origine intelligente fu Freeman Dyson(4, 5):
Se esistono esseri extraterrestri intelligenti e hanno raggiunto un elevato livello di sviluppo tecnologico, è probabile che un sottoprodotto del loro metabolismo energetico sia la conversione su larga scala di luce stellare in radiazione infrarossa. Si propone che la ricerca di fonti di radiazione infrarossa dovrebbe accompagnare la ricerca recentemente avviata per le comunicazioni radio interstellari.(4)
Dyson, prendendo il nostro sistema solare come modello, osservò come la massa di Giove, se distribuita con simmetria sferica su un'orbita doppia rispetto a quella della Terra, avrebbe avuto uno spessore di 2 tonnellate per metro quadro:
Un guscio di questo spessore potrebbe essere reso comodamente abitabile e potrebbe contenere tutti i macchinari richiesti per sfuttare la radiazione solare che cade su di esso dall'interno.(4, 5)
Fu questa osservazione, in parte fuorvioante, che spinse gli scrittori di fantascienza a coniare l'espressione "sfere di Dyson", descritte come delle vere e proprie sfere costruite intorno a una stella, sebbene l'idea di una tecnologia simile venne suggerita a Dyson dalla lettura nel 1945 di Star maker (1937) di Olaf Stapledon(5) per poi passare all'universo di Star Trek con il romanzo del 1972 The Starless World di Gordon Eklund.
Classificare la civiltà
Nella sua grande modestia, Dyson ha sempre ritenuto che le sfere che portano il suo nome dovrebbero essere invece nominate sfere o nuvole di Stapledon. Ad ogni buon conto la scoperta di segnali di questo genere di tecnologia dovrebbe permetterci di classificare una eventuale civiltà extraterrestre del tipo 2 su una scala di tre proposta dall'astronomo russo Nikolai Kardashev(5, 6). Secondo quest'ultimo, infatti, le civiltà intelligenti possono essere classificate in funzione del genere di risorse che riescono a manipolare, partendo dal tipo 1 (manipolazione delle risorse planetarie), tipo 2 (controllo delle energie stellari), tipo 3 (gestione di risorse galattiche). Se in questa classificazione la nostra civiltà non ha ancora raggiunto il primo livello di sviluppo, è anche abbastanza evidente che le sfere di Dyson sono una tecnologia di livello 2, l'unica possibile da indentificare visto che una tecnologia di livello 3 dovrebbe essere particolarmente evidente.
La tecnologia proposta da Dyson, però, non è una sfera cava: essa, per quanto in rotazione, è gravitazionalmente insostenibile, destinata a collassare sotto il suo stesso peso a causa della gravità stellare. Quindi l'astronomo immaginava una più plausibile nuvola di oggetti abitati in orbita intorno alla stella, sufficientemente densi da assorbire la radiazione solare ma con le orbite attentamente calcolate in modo tale da non collidere. Un sistema di tale genere venne denominato da Dyson, biosfera artificiale, anticipando di fatto l'idea alla base del progetto Biosphere 2.
Esperimento di sopravvivenza aliena
Quest'ultimo è un progetto nato tra il 1984 e il 1991 ed effettivamente realizzato a nord di Tucson in Arizona dalla compagnia privata Space Biospheres Ventures. La prima missione, iniziata il 26 settembre del 1991 con un "equipaggio" di otto persone impiegato per due anni a vivere all'interno di un ambiente controllato e progettato per sostenere la loro sopravvivenza attraverso l'autosostentamento. Fondamentalmente l'idea dell'esperimento era quella di comprendere la sostenibilità di un ambiente mancante della maggior parte della varietà presente sulla Terra, la biosfera principale, e le possibilità di sopravvivenza degli esseri umani in una situazione quindi molto simile a quella che si potrebbe incontrare su un pianeta differente dal nostro.
Vennero quindi studiati vari aspetti: dalla produzione di cibo alla dieta alimentare, senza dimenticare la gestione degli animali domestici, lo smaltimento e il riciclo dei rifiuti e le dinamiche interne al gruppo di "coloni". Particolarmente interessanti negli articoli che ho (abbastanza velocemente) letto(7, 8, 9) sono un paio di osservazioni solo apparentemente superficiali sugli effetti benefici sull'umore di una vegetazione lussureggiante e varia e su una dieta studiata per essere non solo nutrizionalmente completa ma sufficientemente variabile. Se nella nostra ottica di abitanti della Terra sono osservazioni abbastanza banali, per dei possibili coloni spaziali costituiscono la differenza tra la riuscita o meno della colonizzazione di un pianeta alieno.
(1) Giuseppe Cocconi, & Philip Morrison (1959). Searching for Interstellar Communications Nature, 184 (4690), 844-846 DOI: 10.1038/184844a0
(2) F. Drake, "How can we Detect Radio Transmissions from Distant Planetary Systems?", Sky and Telescope, 19, 140 (1959)
(4) Freeman J. Dyson (1960). Search for Artificial Stellar Sources of Infrared Radiation Science, 131 (3414), 1667-1668 DOI: 10.1126/science.131.3414.1667
(5) Freeman J. Dyson, & Richard Carrigan (2009). Dyson sphere Scholarpedia, 4 (5) DOI: 10.4249/scholarpedia.6647
(6) N. Kardashev, "Transmission of Information by Extraterrestrial Civilizations" (in Russian), Astronomicheskii Zhurnal, 41, 282 (1962), English translation, Soviet Astronomy AJ, 8, 217 (1964).
(7) Nelson, M., Finn, M., Wilson, C., Zabel, B., van Thillo, M., Hawes, P., & Fernandez, R. (1999). Bioregenerative recycling of wastewater in Biosphere 2 using a constructed wetland: 2-year results Ecological Engineering, 13 (1-4), 189-197 DOI: 10.1016/S0925-8574(98)00099-8 (pdf)
(8) Bruno D.V. Marino, & H.T. Odum (1999). Biosphere 2: Introduction and research progress Ecological Engineering, 13 (1-4), 3-14 DOI: 10.1016/S0925-8574(98)00088-3 (pdf)
(9) Silverstone, S., & Nelson, M. (1996). Food production and nutrition in Biosphere 2: Results from the first mission September 1991 to September 1993 Advances in Space Research, 18 (4-5), 49-61 DOI: 10.1016/0273-1177(95)00861-8 (pdf)

Natale con zia Nena su Topolino #3135

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Una recensione per fare gli auguri a tutti i lettori del blog
Secondo numero natalizio per Topolino, questa volta con storie tutte incentrate sul Natale, inclusa l'ultima della serie dedicata a zia Nena, il nuovo personaggio disneyano ideato da Blasco Pisapia e basato su quel fenomento della zia Mame di Patrick Dennis.
Dalle stelle alle stalle
Nena, zia di Clarabella e sorella di Camillo Cow, zio e legittimo tutore della suddetta nipote. Come nel romanzo di Dennis, anche in questo caso Clarabella viene affidata alla zia, ma non a causa della morte di Camillo, ma per via del fatto che quest'ultimo, sempre via per lavoro, non può occuparsi della bambina.
Caratterialmente Nerissa, detta Nena, è una copia sputata della Mame di Dennis: dinamica, entusiasta, mai doma e con un gusto estetico piuttosto discutibile. Con piccole variazioni la serie dei racconti, iniziata su Topolino #3049, è fedele non solo nello spirito, ma anche nei soggetti. Tutte le modifiche sono abbastanza marginali, partendo dall'ambientazione, spostata semplicemente di qualche decennio in avanti:
Ho fissato come riferimento i primi anni Sessanta, e ho scelto abiti, arredi, complementi, in modo da formare un insieme omogeneo, anche se caricaturale.
Probabilmente la modifica più importante è il maggiore spazio dato all'avvocato curatore delle ricchezze di Camillo Cow, Balky Headstrong, il cui equivalente nel libro di Dennis è, a parte il primo racconto, una figura tutto sommato marginale.
Stilisticamente, infine, Pisapia propone un tratto gottfredsoniano che ben si adatta alle atmosfere retrò della serie e alla narrazione dinamica e divertente di ciascuna delle singole avventure.
Dalle stelle alle stalle, il racconto natalizio della serie, è anche uno dei più fedeli all'opera originale: Nena, rivelandosi una non così attenta amministratrice, si ritroverà abbastanza rapidamente sul lastrico che la porterà dopo una sequela di lavori vari, a diventare una ballerina nello spettacolo della sua amica diva Bo Vyne. Come nell'originale, l'esperienza è catastrofica e permette a Pisapia di proporre al lettore una serie di gag grafiche dal gusto fortemente teatrale, proprio come la scrittura di Dennis o il modello di riferimento, l'attrice Rosalind Russell che ha interpretato non solo al cinema ma anche al teatro la vulcanica zia Mame.
Il natalizio lieto fine conclusivo, in perfetto stile disneyano, permette poi a Pisapia di disneyzzareSteve Russell, ideatore di uno dei primi videogiochi propriamente detti (sicuramente il primo a presentare un mondo dotato di regole fisiche, con situazioni variabili e completamente in tempo reale) che diventa per l'occasione Steer Russel. Le difficoltà economiche legate essenzialmente all'adattabilità del gioco a uno strumento economico che ne permettesse una larga diffusione sono molto simili tra i due personaggi, quello reale e quello fittizio, e vennero risolti per Russell sul finire del 1973 grazie alla trasformazione di Space War in un gioco da sala.
Nel caso di Steer dovremmo essere ancora all'inizio dello sviluppo del gioco (quindi primi anni Sessanta) e sarà interessante vedere se questo investimento di zia Nena si concluderà con lo stesso parziale insuccesso che ebbe all'inizio Space War.
Lo spirito natalizio
Il resto del sommario è incentrato essenzialmente nella ricerca dello spirito natalizio. A spiccare è soprattutto Il Natale perduto di Fausto Vitaliano e Carlo Limido.
La storia è molto divertente, con didascalie in rima, ricca di battute simpatiche e basata sull'eccessivo stress che colpisce la gente sotto le feste natalizie: i paperopolesi, infatti, arrivano a chiedere la sospensione del Natale, e quando questo viene incredibilmente cancellato inizia una incredibile e magica ricerca del perduto spirito del Natale: il senso della compagnia e della condivisione, l'idea che un regalo è importante per ciò che vuole comunicare e non per come appare, sono gli elementi che rendono questa festa particolare e sono proprio quelli che Vitaliano riesce a comunicare con maggiore efficacia, tanto che alla fine della lettura gli posso tranquillamente perdonare il modo superficiale, per quanto divertente, con cui ha rappresentato il metodo scientifico.
L'altra storia su cui vorrei spendere qualche parola è Le raccolte salva-Natale di Roberto Gagnor e Luca Usai. Per l'occasione Gagnor ripropone il classico incontro natalizio tra Topolino e Paperino, ma non certo in un contesto altrettanto classico. I due amici, infatti, si ritroveranno coinvolti in una spedizione che dallo sperduto Puerto Spaparanzado li porta via mare verso Paperopoli in compagnia di Lillow e Gregor, versioni disneyane dei famosi Lillo e Greg che prestano il volto ai produttori di corsi per corrispondenza acquistati, indovinate un po', dall'immancabile Paperoga.
La storia, animata anche dalla presenza dei Bassotti e di Gambadilegno, è veloce e divertente e si conclude con la classica mega riunione di auguri natalizia:

La fortezza di Farnham

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Di come un dettaglio può cambiare un romanzo
E' uno dei romanzi più contraddittori, controversi e difficili di Robert Heinlein questo Fortezza di Farnham, non solo per i contenuti della seconda parte, ma per molti dettagli che, nel complesso, fanno recepire il romanzo come un tentativo fallito di scrivere un testo anti-razzista.
Andiamo, però, con ordine e partiamo dall'inizio:
Fine della civiltà
In sintesi Hugh Farnham e famiglia, a causa di una guerra nucleare scoppiata per colpa dei sovietici, si ritrova proiettato con tutto il suo rifugio anti-atomico in un lontano futuro dove la società si ritrova completamente ribaltata e la "razza bianca" precedentemente dominante è ora relegata al rango di schiavi, mentre le altre, con quella africana in testa, occupano le posizioni di comando.
Per raccontare tutto questo Heinlein suddivide il romanzo in due parti: nella prima vengono raccontati i tentativi di Farnham e famiglia di sopravvivere in un ambiente ostile e spoglio di qualsiasi traccia di civiltà, di fatto riportando il gruppo familiare all'epoca dei pionieri; nella seconda, invece, viene descritta la nuova struttura sociale in cui i Farnham diventano dei semplici schiavi. I primi punti controversi, come scrive Silvia Castoldi nella postfazione all'ultima edizione italiana del romanzo, su Urania collezione n.79 del 2009, si trovano proprio nell'idea apparentemente esplicita che il primato culturale sia occidentale in generale e statunitense in particolare, visto che la civiltà finisce a causa dei sovietici che per primi hanno dato vita all'olocausto nucleare.
Eppure Heinlein, per bocca del suo protagonista, scrive:
Sono anni che mi addoloro per come vanno le cose nel nostro paese. Mi pare che abbiamo allevato degli schiavi, mentre io credo soltanto nella libertà.
Se uniamo questa citazione con la bandiera stellata che sventola sulla casa di Farnham nel finale del romanzo e ricordiamo che il principio fondativo degli Stati Uniti e del sogno americano è proprio la libertà individuale, per Heinlein la critica contenuta nel romanzo è molto più complessa dello sbrigativo esaltare gli Stati Uniti e l'occidente in generale. In un'ottica libertaria, infatti, il comunismo e lo statalismo più in generale rappresentato dai sovietici è il vero nemico della libertà, che in ultima analisi è stata tradita persino dagli Stati Uniti, motivo per cui nonostante le colpe minori nel conflitto, persino l'occidente deve perire definitivamente di fronte all'olocausto definitivo.
In quest'ottica è allora semplice leggere la prima parte del romanzo non solo in termini letterali come un "manuale di sopravvivenza non sia mai arrivi una guerra nucleare per spazzare tutta la vita sulla Terra", ma anche come un'indicazione su quali dovrebbero essere i valori su cui ricostruire una nuova civiltà: quelli dei coloni, basati sulla forza della famiglia e sull'ingegno dei singoli.
D'altra parte è, secondo me, questa stessa ottica libertaria quella con cui si dovrebbe provare a leggere anche la seconda parte.
Attraverso lo specchio
Quasi come se la civiltà stessa avesse attraversato lo specchio carrolliano, nella seconda parte Farnham e famiglia si ritrovano catapultati in una società che ribalta i valori precedenti e porta sulla cima della scala sociale gli africani e sul fondo i "bianchi".
E' questa seconda parte quella che raccoglie le maggiori critiche, riassunte da SF Site
(...) nel migliore dei casi, si tratta di un libro scomodo con alcuni buoni punti mescolati con altri cattivi, come un parente anziano che può dare buoni consigli salvo poi iniziare con un qualche sproloquio razzista o sessista. Nel peggiore dei casi, La fortezza di Farnham è uno sproloquio survivalista anti-minoranze e anti-femminista. E' spesso frustrante. A volte è scioccante. Non è mai noioso.
Se da un lato è evidente il tentativo di Heinlein di scrivere un romanzo anti-razzista attraverso il ribaltamento dei ruoli per permettere l'empatia con gli "schiavi", dall'altro per ottenere questo obiettivo costruisce una società fortemente basata sui cliché che viene spesso letta come un modo per affermare, invece, la superiorità della civiltà occidentale e "bianca" sulle altre.
Da un'ottica libertaria, invece, c'è una visione pessimistica del destino dell'umanità: la nuova società costruita nel "dopo-bomba", fondamentalmente tagliata per struttura sociale sulle civiltà azteche, è una esatta prosecuzione di quella precedente. Altrettanto statalista, commette gli stessi errori di schiavismo e di limitazione dell'individuo, in una visione pessimistica delle potenzialità del genere umano. D'altra parte, come rilevato da Andrea Pachetti, il titolo originale, Farnham's freehold, gioca sullo scontro tra libertà e schiavitù. A questa lettura c'è poi da aggiungere un più sottile monito rivolto alle "vittime", che potrebbero facilmente diventare "carnefici" senza alcuna pietà non appena ne hanno la possibilità.
In conclusione, in una lettura libertaria del romanzo, La fortezza di Farnhamè da considerarsi, fin nei suoi intimi dettagli, una critica contro lo statalismo come atteggiamento che inevitabilmente distorce qualunque buona intenzione e un'elegia dell'individualismo e della libertà. In quest'ottica, però, la sua efficacia si perde non già per via degli "aspetti esteriori", ma per non essere in grado di rendere evidente il punto di vista libertario di Heinlein, più interessato alla costruzione di un personaggio forte come Hugh Farnham, ma dimenticandosi di approfondire un personaggio come Ponse, che poteva essere l'equivalente di Farnham nella società del futuro.
A volte, infatti, mi chiedo, risfogliando il volume, se una descrizione più approfondita e sfaccettata di Ponse non avrebbe giovato all'atmosfera generale del romanzo, spostando magari l'attenzione dal maldestro tentativo di scrivere un romanzo antirazzista che poteva essere amato da un kukluxklaner (giudizio a mio parere eccessivo) ai più complessi confronti schiavitù-libertà e stato-individuo.

Gita al CERN su Topolino #3136

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@TopolinoIT goes to @CERN cc @marcodelmastro
Paperino e Paperoga vanno al CERN: dopo attenti controlli nessun cavo risulta staccato!
Un paio di anni fa circa un gruppo di fumettisti capitanato da Andrea Plazzi era andato in gita al CERN. Il primo risultato di questo incontro è stato OraMai di Tuono Pettinato, uscito in occasione di Lucca Comics 2014. Sull'ultimo numero di Topolino del 2015 (o primo del 2016, dipende se si prende per buona la data d'uscita o quella indicata sulla copertina) ecco comparire una breve storia di 6 pagine di genere graphic journalism ad opera di Francesco Artibani e Giuseppe Ferrario che racconta in breve ai lettori del settimanale disneyano cos'è il CERN e cosa si sta facendo presso i suoi laboratori.
Acceleratori, particelle e bosoni
A guidare Paperino e Paperoga, i due inviati speciali disneyani, ci sono Antonella Del Rosso, editor del CERN Bulletin e del CERN Courier, Marco Delmastro, uno dei fisici di ATLAS, immagino noto ai lettori di DropSea e ultimamente anche ai lettori di fumetti, e Fabiola Gianotti, che dal 1° gennaio 2016 ricoprirà la carica di direttore del CERN anche grazie al ruolo centrale avuto nei giorni che annunciarono al mondo la scoperta del bosone di Higgs.
Le spiegazioni all'interno di Elementare, Paperino! sono belle, semplici ed efficaci e come nello stile di questi graphic reportagetopolineschi Ferrario disegna i personaggi disneyani nel suo stile originale con un corredo di fotografie e illustrazioni ufficiali.
A farla da padrone è ATLAS, il grande rilevatore di particelle che insieme con CMS ha rilevato le tracce del bosone di Higgs che hanno permesso di completare la descrizione sperimentale prevista dal modello standard delle particelle elementari.
Ricordando, poi, il ruolo centrale del CERN nello sviluppo dell'architettura dietro il www, è a mio giudizio importante tanto quanto il ruolo scientifico ricoperto dai laboratori anche il ruolo di messaggero di pace, molto ben enfatizzato da un paio di vignette che sottolineano la provenienza mondiale dei fisici e ingegneri che collaborano al funzionamento di LHC.

WikiRitratti: Arima Yoriyuki

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Arima Yoriyuki, nato il 31 dicembre del 1714, è stato una matematico giapponese vissuta durante il periodo Edo. E' stato signore del feudo di Kurume e ha determinato un valore approssimato di $\pi$ e di $\pi^2$. La sua approssimazione razionale, determinata nel 1776, risulta corretta fino alla 29.ma cifra: \[\pi \approx {\frac {428224593349304}{136308121570117}}=3.14159265358979323846264338327(569...)\]
Vedi anche: Collection of approximations for $\pi$

Buon anno da Paperopoli

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da Paperino e il capodanno positivo di Carlo Panaro e Valerio Held - Topolino #3136

Il mio 2015 su LSB

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Come l'anno scorso, anche quest'anno un post riassuntivo degli articoli che ho scritto per Lo Spazio Bianco nel corso del 2015, raccolti per categoria.
Da un veloce conteggio (e spero non mi sia sfuggito nulla!) i miei contributi assommano a 91 di cui 26 tra recensioni e approfondimenti, 25 brevisioni e 5 interviste. Fuori dal conteggio ho messo le 3 video interviste di Cartoomics 2015, che però sono linkate nei box qui sotto. Di tutto questo, escludendo le news (28), 21 sono i contributi disneyani del 2015. Tra l'altro questo è stato anche l'anno della collaborazione con Andrea Bramini (8 articoli in coppia), stabilizzatasi sui temi batmaniani e disneyani.
Nel complesso un anno prolifico su LSB, che ha sicuramente inciso sulla produzione di post qui su DropSea. In attesa di capire come andrà il 2016, vi lascio all'elenco completo dei contributi:
Disney:
Le strabilianti imprese di Fantomius (recensione)
Essential 11: undici storie Disney sul cibo (con Andrea Bramini)
I paperi di Barks: verso Plutone e oltre (approfondimento)
Sio approda su Topolino: analisi di un nuovo esordio (approfondimento, con Andrea Bramini)
PK – Il raggio nero: di nuovi nemici e attesi ritorni (recensione, con Andrea Bramini)
Topolino incontra Topolino: i due Mickey di Casty e Bonfatti (recensione, con Andrea Bramini)
Il mitico Mickey: intervista a Casty e Massimo Bonfatti (intervista, con Andrea Bramini)
Brevisioni su
Topolino: 3115 | 3116 | 3117 | 3118 | 3119 | 3120 | 3121 | 3122 | 3124 | 3126 | 3127 | 3129 | 3134
Mickey Mouse: 5
Progetto Multiversity:
Multiversity #1 (brevisione)
Multiversity annotato: #1. di supereroi, alchimia e diversità | 2. il gioco delle controparti | 3. decadentismo supereroico
Interviste e incontri:
Siamo tutti Charlie: inaugurazione della mostra al museo WOW di Milano
Il ritorno dei cinque allegri ragazzi morti: anteprima a Cartoomics 2015
Letture a fumetti: esperimento di discussione condivisa
Morgan Lost: intervista a Claudio Chiaverotti (con Giulia Prodiguerra, David Padovani, Giuseppe Lamola: con le nuove politiche di LSB basta proporre un paio di domande per vedersi accreditata l'intervista!)
Video interviste:
Tito Faraci e Paolo Mottura | Francesco Artibani | Andy Diggle

Libri di sangue: La sfida dell'Inferno

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Altri cinque racconti nel secondo volume della serie che ha portato all'attenzione del pubblico di genere il talento letterario di Clive Barker. In questo caso lo scrittore britannico, ottimo praticamente in ogni fase della composizione, gioca con i generi fondamentali della letteratura mistery: quindi non solo l'horror, inteso come racconto di paura con risvolti mistici, ma anche lo splatter e il giallo propriamente detto, sia nella versione investigativa sia in quella noir, dove per noir intendo il giallo di approfondimento psicologico con protagonista un criminale (o qualcosa del genere).
In quest'ultima categoria ricade il primo racconto della raccolta, datata 1988, Paura: uno studente di filosofia, per dimostrare la correttezza delle sue teorie sulla natura della paura umana, rapisce i suoi compagni di corso, costringendoli ad affrontarle in quella che può essere considerata una vera e propria tortura che porta i soggetti al limite della follia.
Agli amanti del genere non sfuggiranno le analogie con il soggetto di Saw del 2004 e della serie cinematografica da esso generata: in ultima analisi anche Jigsaw esplora le paure degli esseri umani messi di fronte all'istinto della sopravvivenza.
La sfida dell'Inferno, racconto che da il titolo all'edizione italiana del secondo volume, è il mistico racconto di una sfida sulla distanza della mezza maratona tra atleti umani e uno demoniaco. Se il risultato finale è abbastanza scontato, non così il vincitore della corsa in un racconto che presenta anche un leggero humor nero.
Jacqueline Ess: le sue ultime volontàè una folle variazione horror con finale romantico sul tema del supereroe che non stenterei a credere abbia avuto una certa influenza in una serie relevisiva come Heroes

Dalla versione a fumetti de La pelle del padre, disegni di Klaus Janson, testi di Chuck Wagner e Fred Burke
La pelle dei padri, pur se non esplicitamente, è un racconto di gusto lovecraftiano dove entità gigantesche provenienti da una ignota dimensione tornano sulla Terra per riprendere il loro figlio, generato anni prima da una donna umana. Ambientato negli Stati Uniti, presenta sia uno stile molto "americano" sia nella caratterizzazione dei personaggi sia nella gestione dei dialoghi.
Infine Nuovi omicidi in Rue Murgeè al tempo stesso un seguito e una chiusura del racconto originario di Edgar Allan Poe, un omaggio nei confronti dello scrittore che è alla base di ben due generi della letteratura, il giallo e l'horror. Nelle mani di Barker quella che è all'inizio un efferato racconto giallo, quasi una sorta di Jack lo squartatore di Parigi, si trasforma in un racconto grottesco e quasi ridicolo.

Che cosa è successo a Mr. Dixon?

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Dopo le tragicomiche avventure de Il caso dei libri scomparsi, torna Israel Armstrong nel secondo romanzo della serie del bibliobus di Tundrum. In questo caso Ian Sansom, con il solito stile ironico e divertente, costruisce quel che si dice un vero e proprio giallo investigativo, la cui facilità (il lettore di genere non stenterà a risolverlo sin dal primo capitolo) rende di fatto secondario il mistero, portando in evidenza l'indagine in se, intesa come una scoperta, per quanto divertente, dell'Irlanda del Nord e di alcuni particolari personaggi che la popolano.

La moltitudine invisibile

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Verloc e Churchill continuano il loro viaggio sull'esotico pianeta di Ona (Ji), entrambi privi della memoria, in una narrazione che incastra flashback dentro altri flashback e che propone alcuni spunti interessanti.
Innanzitutto abbiamo la costruzione di Aama, quella specie di programma biologico che avrebbe dovuto popolare un pianeta per permettere al gruppo di coloni-scienziati di studiare e comprendere meglio i meccanismi dell'evoluzione. E' abbastanza ovvio che la ricerca dietro aama e il suo sfuggire al controllo degli scienziati non è tanto quello di chiedersi fin dove gli esperimenti dovrebbero spingersi per comprendere le leggi che soggiaciono all'universo, quanto il senso stesso del rapporto dell'essere umano con la natura. Significativo in questo senso è questo passaggio:
La natura non ama l'uomo. Lo so bene, è una delle cose che insegnano i libri. Come tutti gli umani, porto nascosta in fondo al mio cervello rettiliano la vaga nostalgia per un mondo naturale che non ho mai conosciuto. L'opposto della crudele e dolorosa realtà. I libri hanno ragione.
In questo senso abbiamo di fronte un romanzo post-cyberpunk: Frederick Peeters, infatti, pone l'uomo cyberpunk, un essere in grado attraverso particolari impianti di essere continuamente connesso alla rete e alle altre persone, in un ambiente non più artificiale, controllato e controllabile. Il fratello di Verloc, in questo, è l'esempio perfetto delle possibili reazioni dell'uomo cyberpunk a un ambiente del genere. A complicare la situazione entra poi la necessità di chiudere gli impianti artificiali per impedire alle forme di vita dominanti sviluppate da aama di introdursi all'interno degli esseri umani.
Per una strana combinazione evolutiva aama ha infatti combinato elementi biologici con altri elettronici, sviluppando persino un virus informatico meno potente di Babel-17 ma sufficientemente forte da provare a introdursi in qualunque sistema operativo.
In una situazione di questo genere il lettore non è certo stupito che Verloc sia, apparentemente, l'unico sopravvissuto umano di una spedizione che, attraversando il pianeta, ha osservato paesaggi al tempo stesso fantastici e minacciosi, fortemente ispirati alle artistiche ricostruzioni di quelli della preistoria della Terra, unite con esseri viventi che sembrano usciti da un quadro di Bosch o dalle visioni surrealiste di Hans Rudolf Giger, il creatore grafico di Alien.
Allo stesso modo gli esseri viventi sembrano uscire fuori dalla stanzetta di un bambino che rompe giocattoli, oggetti, vestiti per poi riutilizzarli per costruire personaggi fantastici con cui popolare le sue avventure. D'altra parte Lilja, la figlia autistica di Verloc e di Silice, la sua ex-compagna, aveva mostrato una particolare abilità con gli apparati elettrici e questo dettaglio non è da considerarsi trascurabile. E infatti c'è non solo la somiglianza fisica tra Lilja e la bambina muta comparsa dal nulla sul pianeta, ma anche i sogni assurdi di Verloc, che sembrano volergli comunicare un qualche segreto, e la sua stessa amnesia, che sembra aver coinvolto persino il suo stesso corpo, su cui le ferite occorse durante l'esplorazione, per quanto gravi, non lasciano alcun segno.
E questo rende ancora più stretta la connessione di Verloc con il pianeta in cui si trova: anche sulla sua superficie non sembra esserci alcuna traccia di ciò che aama ha creato. E allora ecco la domanda sottintesa: cosa c'è di reale nell'esperienza vissuta da Verloc, un anacronismo nel suo mondo, ed egli stesso può allora essere reale se alla fine del volume possiede un unico ricordo d'infanzia, mentre tutto il resto lo ha appresso dalla lettura del suo diario?

Un po' d'argento su Torino

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Bruce Sterling, fondatore insieme con William Gibson del movimento letterario del cyberpunk, ama l'Italia. E' spesso nel nostro paese e ha acquistato casa a Torino. E quest'ultima è protagonista quasi incontrastata dei racconti di Bruno Argento, pseudonimo italiano di Sterling, che così diventa un po' anche uno scrittore italiano. La prima raccolta dei racconti italiani di Sterling viene pubblicata da Mondadori su Urania n.1622 e prende il titolo dal più lungo di questi.
Sterling dimostra una capacità rara di spaziare in vari generi, dal racconto storico a quello fantascientifico. Al primo gruppo appartengono Il bisturi partenopeo, ambientato nel risorgimento italiano, e Pellegrini del mondo rotondo, ambientato nel Medioevo, entrambi con Torino al centro, sebbene Il bisturi partenopeoè in effetti molto più sparpagliato sul territorio italiano. Mentre quest'ultimo racconto può essere classificato anche come freak story (nel senso che uno dei protagonisti presenta una qualche deformazione fisica), Pellegrini del mondo rotondoè un vero e proprio romanzo breve di stile medioevale di genere favolistico con la presenza del fantasma di una santa bambina, peraltro santificata da un papa eretico. Insieme con Città esoterica, racconto d'apertura ambientato ai giorni nostri dove la città piemontese è sede di un accesso all'inferno, è probabilmente quello che riesce a catturare meglio l'anima cosmopolita di Torino.
A completare la raccolta il racconto Cigno nero, un viaggio cyberpunk in un multiverso generato da una simulazione al computer e centrato intorno a Torino con i memristori come coprotagonisti, e il romanzo breve Utopia pirata, che da il titolo alla raccolta, ambientato in una Fiume alternativa dal sapore steampunk ambientata subito dopo l'impresa di D'Annunzio di liberare Fiume e ridarla all'Italia. Al di là del gioco costruito da Sterling, che nel finale mette in campo Harry Houdini, Howard Lovecraft e Robert Howard come spie degli Stati Uniti, lo scrittore di fatto mostra come persino le utopie costruite con le migliori intenzioni sembrano destinate in qualche modo a fallire, soprattutto quando non si liberano completamente delle strutture che vorrebbero sostituire.
A parte le considerazioni sui singoli racconti, emerge una passione e una buona conoscenza dell'Italia e della sua ricca e interessante storia che, come scritto all'inizio, rendono Sterling un po' più italiano di un semplice immigrato extracomunitario che frequenta spesso la nostra penisola!

Un sudario non ha tasche

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Lo scambio di battute che state per leggere tra il protagonista, il giornalista Mike Dolan, e una delle sue amanti, April, autodefinitasi una ninfomane e in procinto di sposarsi, è a mio giudizio indicativo non solo dello stile tenuto da Horace McCoy nel romanzo, ma anche della sua rara capacità sia di descrivere la società statunitense, sia di trarre le debite conclusioni sulle possibili scelte future del suo paese:
"Be', tu stai per sposare quel bel ragazzo di Yale, stai per sistemarti e mettere su famiglia. E poi, quando avrai un bel paio di pargoletti, scoppierà la guerra, e i tuoi due bei pargoletti saranno spazzati via dai gas nemici o dalle bombe o da qualcosa del genere. E io sarò all'estero, su qualche campo di battaglia, in questa identica posizione, solo che avrò lo stomaco aperto da una granata e gli avvoltoi staranno già banchettando con le mie budella."
"Lo pensi davvero?"
"Altro che. Ci stiamo preparando. Un branco di stupidi figli di puttana sta facendo di tutto per accelerare la cosa. Ha cominciato Mussolini, e poi è venuto Hitler. Mussolini ha detto agli inglesi di baciargli il culo, e loro ci hanno pure preso gusto. La Lega delle Nazioni fa schifo. E il Giappone si è piazzato dietro l'angolo con un manganello in mano."
"Secondo me non andremo in guerra, noi. La gente è contraria."
"Perché non ci siamo ancora entrati. Vedrai come diventano isterici, tutti quanti, appena sentono l'inno nazionale e vedono le bandiere al vento."
Non dimentichiamo, infatti, che Un sudario non ha tascheè stato scritto nel 1936 e pubblicato in Gran Bretagna nel 1937, circa un paio di anni prima della seconda guerra mondiale. Non è solo questo aspetto a rendere il romanzo una lettura più che consigliata, o lo stile veloce e diretto di McCoy, ma soprattutto il coraggio dello scrittore di denunciare ciò che non va nella società statunitense: corruzione, criminalità, razzismo sono i temi trattati nel romanzo dove spicca indubbiamente la figura di Dolan, giornalista mai domo, quasi una sorta di Peppino Impastato, ma senza l'atteggiamento da giullare.
L'edizione proposta da Terre di mezzo nella traduzione di Luca Conti si basa, poi, sull'edizione britannica: il romanzo, finito quella sorta di embargo non ufficiale che gravava sul testo, venne finalmente pubblicato nel 1948 anche negli Stati Uniti. McCoy, però, pensò bene di metterci mano, estendendo il testo e, come scritto da Conti nella postfazione, rendendo Dolan un personaggio molto più riflessivo e filosofico. Non potendo confrontare le due distinte edizioni, non posso che fidarmi sull'opinione del traduttore e curatore dell'edizione riguardo il primo Dolan, ma vista l'efficacia dello stile asciutto della stesura proposta non credo che la scelta sia stata così errata.
Paragone con Superman
Sempre nella postfazione, Conti accosta Dolan con Superman. Il personaggio ideato da Jerry Siegel e Joe Shusterè quasi coevo del giornalista di McCoy. Proposto come personaggio malvagio per una fanzine fantascientifica nel 1933, ebbe, prima dell'esordio ufficiale nel 1938, una versione intermedia, poco diffusa e utilizzata da Siegel e Shuster per promuovere la loro idea: un eroe con la forza e il coraggio per affrontare la ciminalità e l'ingiustizia.
Questa versione, di poco successiva alla prima letteraria, proposta già come fumetto, vedeva Superman vestito semplicemente di una t-shirt e di un paio di calzoni da lavoro, un personaggio alla Slam Bradley, un personaggio coevo anche per creazione a Dolan e creato sempre dal duo Siegel e Shuster.
Più che di influenze comuni, si può a mio avviso "parlare" più proficuamente di due personaggi in grado di catturare una stessa istanza di giustizia e uno stesso modo di affrontare i soprusi. I due personaggi, poi, condividono anche le difficoltà di pubblicazione, sebbene Superman ebbe maggior fortuna rispetto al giornalista ideato da McCoy.
Un paragone più interessante è invece quello con Topolino.
Topolino giornalista
Dal 4 marzo all'1 giugno del 1935, per un totale di 78 strisce, venne pubblicata sui quotidiani statunitensi Topolino giornalista storia scritta e disegnata da Floyd Gottfredson in collaborazione con Ted Osborne ai testi.
Topolino, alla ricerca di un lavoro tranquillo per accontentare Minni, decide di acquistare un quotidiano, L'Eco del Mondo (tipografia inclusa). Aiutato da Pippo, Orazio e Paperino, Topolino inizia ben presto una crociata contro il crimine e la corruzione, mettendosi contro la banda di Guido la gamba, in realtà il suo acerrimo nemico Gambadilegno.
Al di là delle specifiche legate all'universo topolinesco, i punti di contatto con Un sudario non ha tasche sono molto più forti rispetto a Superman: non solo l'idea di un giornalismo d'inchiesta al servizio del cittadino, ma anche un giornalista che si muove sul campo, affrontando sul loro terreno criminali e corrotti. Certo Gottfredson non si spinge fino allo stesso punto di McCoy con la sua storia, ma i legami di Gambadilegno con la politica e le istituzioni sono più che evidenti. Lo stesso stile adottato da Gottfredson è una sorta di hardboiled ironico e scanzonato dove sono le gag a stemperare la tensione, laddove nel romanzo di McCoy sono le storie d'amore e i siparietti ambientati nel teatro di dilettanti cui faceva parte Dolan.
Ad ogni buon conto, indipendentemente dal paragone con prodotti collaterali che hanno catturato la medesima atmosfera del romanzo, Un sudario non ha tascheè quello che dovrebbe essere un ottimo hard boiled: azione e denuncia sociale.

La triste storia del bambino Wikipedia

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In occasione del decennale della wiki, erano circolati un po' di contenuti interessanti, come ad esempio un fumetto verticale proposto dal fumettista Cham (e disponibile solo su archive.org). Con l'occasione dei 15 anni della wiki, mi sembrava cosa buona e giusta proporlo, sebbene a causa dei miei cronici ritardi non nella forma che avevo in mente (tradotto in italiano...) ma in francese e spacchettato in 10 distinte immagini.
Buona lettura:

Il numero di Anatranson

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ideato da @giorgiosalati!
Secondo la teoria sociologica dei 6 gradi di separazione, ogni persona sulla Terra può essere collegata a una qualche altra persona sulla terra attraverso una catena costituita da cinque distinti collegamenti. Tale teoria venne formulata per la prima volta nel 1929 nel racconto omonimo dell'ungherese Frigyes Karinthy (forse ispirato da Guglielmo Marconi e dal suo lavoro sulle onde radio).
A portare per la prima volta l'idea di Karinthy nella scienza ci pensarono Ithiel de Sola Pool del MIT e Manfred Kochen dell'IBM che, dopo un lungo lavoro di studio sulle reti sociali iniziato negli anni Sessanta del XX secolo, produssero i loro risultati nel volume Contacts and Influences.
I due cercarono di matematizzare la questione:
Dato un insieme di $N$ persone, qual è la probabilità che ogni membro di $N$ sia connesso a un altro membro attraverso $k_1$, $k_2$, $k_3$, ..., $k_n$ collegamenti?
Parte del loro lavoro fu anche lo sviluppo di una simulazione Monte Carlo basata sui dati raccolti da Michael Gurevich nei suoi studi sulle reti sociali. A partire dal lavoro di Gurevich, Stanley Milgram sviluppò la così detta teoria del mondo piccolo, nome assegnato in origine proprio da Kochen e Pool per la loro ipotesi dei sei gradi di separazione.
Il mondo è piccolo, si sa!
Secondo tale modello, due nodi qualunque all'interno di una rete finita, per quanto grande, sono collegabili da un numero relativamente piccolo di passi. Milgram sviluppò le sue idee e propose i dati raccolti in due articoli, uno di esposizione divulgativa sul primo numero di Psychology Today del 1967(1), quindi due anni più tardi in una esposizione più rigorosa condotta insieme con Jeffrey Travers sulle pagine di Sociometry(2). Di fatto i due ricercatori seguirono innanzitutto l'approccio matematico di Kochen e Pool per definire i termini del problema, ridotto a porsi la domanda:
Quale è la probabilità che due qualsiasi persone, selezionate arbitrariamente da un'ampia popolazione, come quella degli Stati Uniti, si conoscano una con l'altra?
A partire da questa domanda si può formulare il problema in termini più interessanti, ovvero cercare di capire quali sono le conoscenze comuni che potrebbero metterli in collegamento uno con l'altro. Quindi si generalizza il problema con la ricerca di un insieme $B$ di individui $b_1$, $b_2$, ..., $b_k$ conoscenze comuni di due dati individui $a$, $z$. E' però possibile generalizzare ulteriormente, ovvero chiedersi se più in generale non esista un insieme $C$ in maniera tale che il collegamento sia $a$ con un individuo $b_i$ di $B$, quindi il generico $b_i$ con un individuo di $C$, e infine il generico $c_j$ con $z$. Il problema nella massima generalizzazione è dunque cercare quanti intermediari sono necessari in media per costruire una catena di conoscenze tra $a$ e $z$.
Provando a portare la ricerca con un esperimento sul campo ecco che:
Il numero medio di intermediari osservati in questo studio era superiore a cinque; una ricerca aggiuntiva (di Korte e Milgram(3)) indica che tale valore è abbastanza stabile, anche quando vengono introdotti incroci razziali.(2)
Questi risultati, come è ovvio, hanno ricevuto un certo numero di critiche, come ad esempio l'esistenza di gruppi più o meno piccoli di esseri umani isolati dal resto del mondo. In realtà ciò, semplicemente, rende velleitaria l'idea di voler generalizzare il mondo piccolo a tutto il pianeta, ma non che le cose funzionino così in un suo sottogruppo. I gradi di separazione, al contrario, se studiati opportunamente, permettono di comprendere il potenziale sociale di una comunità. Ad esempio il concetto di grado di separazione è, in effetti, fondamentale per i social network, ed è stato scoperto che su twitter questo risulta essere in media di 3.43(4).
I numeri di Erdos e Bacon
La diffusione del mondo piccolo e dei 6 gradi di separazione è essenzialmente dovuta a una serie di concause, che partono dalla commedia teatrale del 1990 di John Guare, che a sua volta è stata portata sul grande schermo nel 1993 da Fred Schepisi (tra gli attori un giovane Will Smith), per poi arrivare al numero di Bacon. Questo numero indica il grado di prossimità di un qualunque attore da Kevin Bacon ed è, racconta la leggenda, ispirato a un'affermazione che l'attore avrebbe concesso a un giornalista nel 1994, secondo cui egli avrebbe lavorato con tutti gli attori di Hollywood o con qualcuno che ha lavorato con loro. Il gioco, proposto da tre studenti dell'Albright College, Craig Fass, Brian Turtle e Mike Ginelli, mirava a verificare l'affermazione di Bacon, ma di fatto ha introdotto un numero che misura la prossimità di qualunque elemento a un centro arbitrario.
Il numero di Bacon è definito così: Kevin Bacon stesso ha un numero pari a 0, attori che hanno lavorato con lui hanno un numero pari a 1, attori che hanno lavorato con questo gruppo ma non con Bacon hanno numero pari a 2, e così via.
Più o meno nello stesso modo funziona l'altro numero famoso in questo gioco dei mondi piccoli: il numero di Erdos. Paul Erdosè stato il matematico più prolifico e collaborativo del XX secolo. Per omaggiarlo venne proposto un numero, evidentemente legato alle catene del mondo piccolo, che indicasse il grado di prossimità nella catena di collaborazione: funziona proprio come il numero di Bacon e la discriminante è aver scritto un articolo con Erdos o con qualcuno che ha scritto un articolo con Erdos o con qualcuno che ha scritto un articolo con qualcun altro che ha scritto un articolo con Erdos e così via.
Di fatto anche il numero di Erdos, così come quello di Bacon, aveva all'inizio il carattere del gioco, anche se oggi viene utilizzato per testare il grado di collaborazione della comunità matematica.
Paperino e i sei gradi di separazione
Il senso del gioco dietro i sei gradi di separazione e il mondo piccolo così chiaro ai matematici, viene sfruttato splendidamente da Giorgio Salati in Paperino e i 6 gradi di separazione, storia apparsa su Topolino 3138 per i disegni di Antonello Dalena. L'avventura, divertente e dal ritmo incalzante, ruota intorno alla ricerca da parte di Paperino di avvicinare il suo regista preferito, West Anatranson, versione disneyana di Wes Anderson.
Grazie a ciò, Salati riesce a stuzzicare il lettore grazie a una serie di citazioni cinematografiche, come il Grand Budapest Hotel che diventa il Grand Paperopoli Hotel, o allo stile di Anderson, in particolare alla sua passione per le inquadrature simmetriche.
Nel suo tentativo di avvicinarsi ad Anatranson, Paperino incontra anche due attori, Andie MacDuckell, versione papera di Andie MacDowell, e Bill Duckray, disneyzzazione di Bill Murray, uno dei protagonisti di Ghostbuster, film citato nelle scene ambientate nella villa di Duckray. Il livello di cura cinematografica con cui la storia è stata scritta, lo fornisce però il titolo del film dove Duckray e MacDuckell hanno recitato insieme, Il giorno della nutria, che di fatto si riferisce al titolo originale di Ricomincio da capo, ovvero Groundhog Day.
Il gustoso inseguimento, sebbene non coroni il sogno di Paperino di recitare in un film di Anatranson, porta il gruppo di conoscenze raccolte nel corso della ricerca sul set del primo film da regista di Duckray, Paperello e i 6 gradi di separazione, che per certi versi chiude il cerchio non solo con il titolo della storia di Salati e Dalena, ma anche con le citazioni cinematografiche, visto che I 6 gradi di separazioneè non solo una commedia teatrale, ma anche una pellicola cinematografica.
In conclusione: una bella e stuzzicante avventura, ricca di spunti per il lettore adulto, ma piacevole e divertente anche per i più giovani: il giusto mix per una storia di Topolino.
(1) Milgram, S. (1967). The small world problem. Psychology today, 2(1), 60-67. (pdf)
(2) Travers, J., & Milgram, S. (1969). An Experimental Study of the Small World Problem Sociometry, 32 (4) DOI: 10.2307/2786545 (pdf)
(3) Korte, C., & Milgram, S. (1970). Acquaintance networks between racial groups: Application of the small world method. Journal of Personality and Social Psychology, 15(2), 101. (pdf)
(4) Bakhshandeh, R., Samadi, M., Azimifar, Z., & Schaeffer, J. (2011, May). Degrees of separation in social networks. In Fourth Annual Symposium on Combinatorial Search.

L'ultimo caso di Sherlock Holmes

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Come già scritto, all'interno del canone holmesiano il professor Moriarty costituisce un'anomalia: personaggio ideato appositamente per chiudere i conti con Holmes, divenne l'antagonista per eccellenza del detective privato.
Proprio l'anomalia dell'Ultima avventura aveva ispirato Nicholas Meyer per La soluzione sette per cento, romanzo trasformato recentemente in un fumetto dalla IDW. Giusto alcuni anni dopo, nel 1978, anche Michael Dibdin si ispira a quel racconto per scrivere il suo contributo apocrifo al personaggio ideato di Conan Doyle.
L'ultimo caso di Sherlock Holmesè in pratica una nuova versione alternativa dell'Ultima avventura che parte più o meno dallo stesso punto di vista de La soluzione al sette per cento: Holmes, preda degli effetti collaterali dovuti all'abuso della cocaina, un modo per supplire ai periodi di inattività dall'attività investigativa, in pratica idea il professor Moriarty come suo fantomatico avversario.
La sfida con Moriarty, quindi una sfida di Holmes contro se stesso, si intreccia con l'indagine sugli omicidi di Jack lo squartatore, il famigerato serial killer di White Chapel, che per Dibdin è Holmes stesso in quella che alla fine può essere considerata come una variazione sul tema de Il caso del dottor Jekill e mister Hide. Holmes viene tratteggiato con una doppia personalità: da un lato l'investigatore che tanti lettori hanno amato, dinamico e intelligente pronto ad affrontare nuove indagini apparentemente impossibili; dall'altro un lucido assassino seriale ossessionato e pericolosissimo.
Al di là della soluzione forse un po' troppo radicale per essere completamente accettata dai fedeli lettori del canone holmesiano, il romanzo, in una maniera sottilmente intelligente, avvicina Holmes alla principale ispirazione di Doyle per la sua creazione, il dottor Joseph Bell di cui sir Arthur fu assistente e quindi amico, oltre che il probabile collaboratore durante le indagini su Jack lo squartatore. Infatti proprio Bell era il consulente per le indagini sugli omicidi di White Chapel: a tal proposito la leggenda racconta che Bell e Doyle scoprirono l'identità di Jack, ma la loro soluzione venne secretata, alimentando così l'idea che dietro quegli efferati omicidi c'era una personalità vicina alla casa reale. L'identificazione di Jack con un Holmes dalla doppia personalità invece sembra dare alle voci che vorrebbero Conan Doyle come il vero Jack il giusto posto: all'interno di un romanzo.
Elenco di romanzi, giochi e altro su Holmes contro Jack lo squartatore

Dal Calisota a Venezia su Topolino #3139

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La brevisione del Topolino #3139 di questa settimana è centrata sulle due storie di apertura. In una prima versione mi ero concentrato sulla prima, facente parte della serie de Le strabilianti imprese di Fantomius, ma dopo un successivo ripensamento, ho optato per approfondire soprattutto la seconda, ambientata a Venezia. In questo post leggermente più esteso rispetto alla versione che andrà effettivamente online recupero quella prima versione:
Una nave della regina Elisabetta I si avvicina alle coste di Nuova Albione, lì dove sorge il borgo che diventerà Paperopoli. A bordo della nave il pirata sir Francis Drake inveisce contro il Duca Pazzo, ovvero Richard Quackett.
Marco Gervasio continua l'opera di inserimento di Fantomius all'interno della continuity di Barks-Rosa, sia assegnando all'avo di Fantomius il ruolo del Duca Pazzo, costruttore del maniero citato ne Il castello del duca pazzo di Carl Barks, sia incrociando la strada dei Quackett con quella di Francis Drake, più volte citato dall'Uomo dei Paperi e che secondo Don Rosacostruì il Forte Paperopoli il 17 giugno del 1579.
La storia scritta da Gervasio è abbastanza ordinaria, sviluppandosi tra la trama ambientata nel passato e il furto nel presente di Fantomius: i due soggetti si intrecciano per risolversi insieme, senza riuscire a proporre un qualche reale guizzo narrativo, a parte qualche divertente battuta che riesce a strappare un paio di sorrisi. Sembra quasi che la serie stia procedendo stancamente, adagiandosi su una struttura consolidata, mentre la trama generale si sviluppa lentamente verso lo scontro con un avversario vicino al ladro gentiluomo.
Come già rilevato per Gli anelli di Cagliostro, anche sul lato grafico c'è ben poco da segnalare, a parte l'interessante interpretazione di Francis Drake, leggermente più piratesca e spigolosa rispetto a quella di Don Rosa.
Con Paperin Pochischei e la notte di luce si passa alle atmosfere di una storia in costume ambientata nella Venezia del 18.mo secolo. Carlo Panaro, sceneggiatore dell'avventura, parte da una buona per quanto classica idea (gli equivalenti di Paperone e Rockerduck si contendono i favori della figlia di un nuovo, ricco, potenziale cliente), sviluppandola in maniera interessante senza cadere nella parodia goldoniana, e anzi proponendo ben due colpi di scena che i lettori apprezzeranno certamente.
La parte grafica viene affidata a Valerio Held, per anni una delle colonne di Topolino insieme con il suo maestro Luciano Gatto, presso il cui studio iniziò a lavorare nella seconda metà degli anni Settanta. Pur mostrando un tratto chiaramente figlio da quello di Gatto, Held riesce ben presto a trovare il suo stile proponendo personaggi più snelli e scattanti. Con l'introduzione delle tecniche di disegno digitale il tratto dei due autori si è ulteriormente snellito: ottimo esempio nel caso di Held è proprio questa Notte di luce, buona prova per l'esperto disegnatore a parte un paio di primi piani non completamente efficaci.
Due parole vanno poi spese su Indiana Pipps e il richiamo dello spettacolo. La storia, scritta da Bruno Sarda, sembra l'equivalente del raschiare il fondo del barile. Esplorati in lungo e in largo misteri a bizzeffe, non resta, infatti, che portare il personaggio al cinema per fargli interpretare un archeologo dell'avventura in una serie di film, richiudendo il ciclo che dalla serie Indiana Jones aveva portato alla creazione del suo equivalente disneyano.
L'interesse per la storia è, invece, fornito da Emanuele Baccinelli, uno dei frequentatori del forum del Papersera, al suo esordio su Topolino. Il disegnatore ha sicuramente ampi margini di miglioramento: il suo stile è soprattutto un collage di influenze, dove quella principale è di Giorgio Di Vita, sebbene in alcuni personaggi di contorno sembrano emergere tratti alla Gigi Piras o alla Stefano Turconi. Ad ogni modo Baccinelli, pur cercando ancora la sua strada, può essere considerato come un buon acquisto per il settimanale.

Un po' di matematica in Ant-Man

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Ho avuto la fortuna di vedere con un certo anticipo il film Ant-Man, sebbene in versione originale pur se sottotitolato. Al di là di quanto poi ho scritto nella recensione per LSB, il film mi aveva catturato sin dall'inizio grazie ai titoli di apertura. Grazie a Carlo Coratelliè stato possibile intervistare Erin Sarofsky (versione inglese), che con la sua azienda, la Sarofsky Corp. ha realizzato proprio questi titoli. A quel punto non mi sono lasciato perdere l'opportunità di proporre un paio di domande proprio su quei titoli. Di seguito domande e risposte (la traduzione, però, è la mia a partire dalle risposte originarie):
Molto bella l'animazione iniziale di Ant-Man, che sembra ispirata da Power[s] of Ten dei fratelli Eames. Può essere considerata fonte primaria per questo specifico lavoro?
Assolutamente! Siamo stati molto ispirati dal film degli Eames. Fortunatamente, però, il nostro universo è l'universo Marvel... così essere al 100% accurati non era necessario.
Sempre restando su Ant-Man, apprezzando il lavoro di modellizzazione matematica necessario per produrla, potrebbe essere interessante per i nostri lettori approfondire il metodo di lavoro per la sua progettazione e realizzazione. Potete parlarcene nel dettaglio?
Effettivamente abbiamo lavorato al contrario. Abbiamo pianificato le nostre mosse e quindi portato a termine la matematica successivamente. Abbiamo utilizzato la superficie dell'erba come nostro zero; qualunque cosa sopra è positiva e qualunque cosa sotto è negativa.
Andy Zazzera, direttore CG del lavoro, il nostro brillante matematico malvagio ha fatto tutte le stime. (Ancora una volta, nulla è esatto poiché il nostro mondo è finto... ma la matematica è corretta).
In origine avevo intenzione di chiedere esplicitamente dei dettagli matematici, ma alla fine ho optato per le due domande di cui sopra. La matematica della modellizzazione computerizzata è, invece, come ho superficialmente scritto tempo addietro, basata su curve di Bézier e continuazione numerica.

Il terrorista e il professore

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Il 27 aprile 1981 [Ciro] Cirillo venne sequestrato dalle Brigate rosse a Torre del Greco. Il suo sequestro, durato 89 giorni, fu al centro di durissime polemiche: a differenza del sequestro Moro, infatti, lo Scudo Crociato optò per la trattativa con i terroristi.
La sua liberazione avvenne tramite intrecci mai del tutto chiariti, che videro probabilmente anche la mediazione di Francesco Pazienza, faccendiere legato ai servizi segreti, e Raffaele Cutolo, capo della Nuova Camorra Organizzata: per quella vicenda l'ordinanza del giudice Alemi nel 1988 chiamò in causa anche Antonio Gava. Vent'anni dopo il suo sequestro, Cirillo concesse un'intervista al giornalista Giuseppe D'Avanzo in cui affermò d'aver scritto la verità sulla sua vicenda ma di volerla rendere nota solo dopo la sua morte; inoltre, disse che una volta tornato in libertà il suo partito gli chiese di farsi da parte e di ritirarsi dalla politica, cosa che egli fece seppur a malincuore.
In un'Italia dove le pentole sono state scoperchiate e tutto ormai sembra corrotto o corruttibile, l'idea raccontata ne Il terrorista e il professore che in qualche modo camorra e brigate rosse siano venuti a contatto, persino collaborando, non è stupefacente.
La vicenda, raccontata dal giornalista Vito Faenza, è semplice e veloce e racconta del rapporto praticamente di amicizia tra un capo camorrista e un brigatista, seppure non attivo sul campo, che si ritrovano in un presunto carcere di massima sicurezza. Al di là delle possibilità dei due di poter sfuggire alla sorveglianza, seppur per poco tempo, assume particolare interesse la descrizione di Faenza del rapporto tra i due personaggi principali del romanzo, a loro modo contemporaneamente traditori e traditi. I due protagonisti, infatti, si rivelano marionette, seppure di livello differente: nonostante una amicizia e un rispetto reali e reciproci, "il terrorista", e con lui le cellule del movimento, viene usato per scopi criminali, i quali però assumono risvolti politici a causa del coinvolgimento di strani "uomini in nero", si potrebbe dire.
La chiave di tutto diventa la consapevolezza del tradimento, dell'essere stati usati, la consapevolezza che il potere, quando vuole, può utilizzare gli ideali degli uomini, trasformarli a suo vantaggio.
La vicenda narrata, come ho successivamente scoperto, è fondamentalmente vera, partendo da un rapimento, quello del democristiano Ciro Cirillo, vicenda, per quel che è possibile, ricostruita e ottimamente inquadrata nel suo contesto storico da Emiliano Di Marco. Non aggiungo nient'altro se non che, quando un romanzo, per quanto presenti elementi fantastici, stimola all'approfondimento, allora è degno di lettura tanto quanto la vicenda che l'ha ispirato.
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