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Autostop con Buddha

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La letteratura di viaggio è, si sa, il racconto di un'avventura vissuta realmente, perché in fondo ogni viaggio è un'avventura. Quando poi, come nel caso di Will Ferguson il viaggio è in un paese straniero, in una cultura ignota, il viaggio diventa un'avventura anche quando si svolge in un paese avanzato come il Giappone.
Will era andato in Giappone per lavoro (insegnante) e decise di passare le proprie ferie a girare per il paese, in pratica da sud a nord, rischiando anche il licenziamento, perché alla fine, come giusto che sia in un viaggio in terra nipponica, ciò che è importante non è la meta, ma il viaggio, e le persone che si incontrano durante il tragitto.
Un diario di viaggio divertente, interessante e illuminante su un paese lontano che si conosce solo attraverso televisione e manga.

Dagli equilibri di Nash ai comportamenti collettivi

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Quando ho condiviso il tweet qui sotto, non mi ero reso ancora conto del nome che avevo appena letto, eppure avrebbe dovuto suonarmi un campanello nella testa. Poi dopo è successo che sono andato a ricontrollare (che poi i campanelli magari suonano e semplicemente la suoneria è così bassa che non la senti, con il resto del rumore di fondo) ed ecco che quel nome accende la lampadina: Gianluigi Greco. Mio ex-compagno di classe al liceo. Il migliore della classe, da quel che ricordo, bravissimo in particolare in matematica e in informatica (che comunque erano un'unica materia, all'epoca, 20 e passa anni fa), con una carriera decisamente folta di articoli scientifici. I suoi interessi si sono sviluppati in particolare nella programmazione, nella logica, nella teoria dei giochi.
In particolare mi ha colpito il fatto che abbia lavorato sugli equilibri di Nash, soprattutto perché di questi avevo scritto un (per ora disperso) post poco prima dell'assegnazione di un Nobel per la pace di quattro anni fa.
In teoria dei giochi, l'equilibrio di Nash è una soluzione concettuale di un gioco non-cooperativo che coinvolge due o più giocatori, nel quale ogni giocatore assume di conoscere le strategie di equilibrio degli altri giocatori, e nessun giocatore ha alcunché da guadagnare solo dal cabiamento della propria strategia. Se ogni giocatore ha scelto una strategia e nessun giocatore può beneficiare dal cambio di strategia mentre gli altri giocatori mantengono invariata la propria, allora l'attuale insieme di scelte strategiche e le corrispondenti vincite costituiscono un equilibrio di Nash.
In poche parole, Amy e Will si trovano in un equilibrio di Nash se Amy sta prendendo la migliore decisione possibile, tenendo conto della decisione di Will, e Will sta prendendo la migliore decisione possibile, tenendo conto della decisione di Amy. Allo stesso modo, un gruppo di giocatori sono in un equilibrio di Nash se ognuno sta prendendo la migliore decisione possibile, tenendo conto delle decisioni degli altri in gioco.
Equilibri di Nash possono, per esempio, essere trovati nel gioco della coordinazione, nel dilemma del prigioniero, nel paradosso di Braess(6), o più in generale in qualunque gioco strategico. In particolare, dato un gioco, ci si può chiedere se esso possiede o meno un equilibrio di Nash: ebbene a quanto pare decidere l'esistenza di un equilibrio di Nash è un problema di tipo-NP, se non ci sono restrizioni alle relazioni tra i giocatori. Inoltre per un equilibrio di Nash forte il problema si trova al secondo livello della gerarchia polinomiale, che è una scala per la classificazione dei problemi in base alla complessità di risoluzione(1).
Oltre a questo studio sugli equilibri di Nash, Gianluigi, insieme con Francesco Scarcello, ha anche studiato gli equilibri di Nash (nel caso specifico gli equilibri forzati) nei giochi grafici, dove per gioco grafico si intende un gioco rappresentato in maniera grafica, attraverso un grafo(2).
Come ricorda un comunicato stampa dell'Unical, Gianluigi ha, però, vinto il Godel Research Prize per la fondazione logica delle intelligenze artificiali con il progetto Collective Behavior in Social Environments: Models and Complexity. Così, semplicemente leggendo il titolo del progetto, si potrebbe pensare a qualcosa di lontano da uno studio legato alle intelligenze artificiali, invece lo studio e la modellizzazione dei comportamenti collettivi ha una sua importanza in questo campo di ricerca specifico.
Comprendere il comportamento dei singoli ha sicuramente un certo interesse scientifico, non solo per comprendere il funzionamento del nostro cervello, ma anche per comprendere i meccanismi cognitivi, fondamentali nella costruzione di strategie didattiche efficaci. D'altra parte gruppi di persone interagenti tra loro sono in grado di far emergere organizzazioni di livello superiore rispetto all'individuo:
Formiche interagenti creano le architetture della colonia che nessuna singola formica comprende. Popolazioni di neuroni creano pensiero strutturato, memoria permanente e risposte adattive che nessun neurone può comprendere da solo.(3)
Da qui, dunque, l'interesse verso i modelli sul comportamento collettivo, dove quelli più utilizzati sembrano essere i modelli basati sugli agenti intelligenti, come il sistema basato sull'intelligenza dello sciame (swarm intelligence) introdotto nel 1989 da Gerardo Beni e Jing Wang(4): in questo caso alcuni agenti, programmati con delle regole semplici, vengono fatti interagire uno con l'altro e con l'ambiente circostante, in quella che può essere considerata come una evoluzione dell'idea alla base del gioco della vita di Conway.
Un simile sistema può sicuramente essere utile in biologia e nello studio reale di sciami (o dei comportamenti umani), e d'altra parte lo studio delle interazioni sociali all'interno degli sciami può suggerire strategie di ottimizzazione per gli algoritmi(5) che modellizzano il comportamento collettivo (ad esempio nello studio del problema del viaggiatore).
L'interesse nell'utilizzare questo approccio sta, quindi, nell'emergenza all'interno di un sistema di individui interagenti di una sorta di intelligenza collettiva(7) (o perché no anche di una coscienza!), e quindi nel cercare di comprendere se un sistema di neuroni artificiali interagenti uno con l'altro in base a delle regole più o meno semplici è in grado di far emergere una qualche forma di intelligenza artificiale, che poi magari possa essa stessa evolvere in base alle interazioni con l'ambiente esterno. In questo affresco trova (o immagino dovrebbe trovare) anche una sua sistemazione lo studio degli equilibri di Nash da cui siamo partiti: in fondo l'interazione tra agenti è una sorta di gioco, e quindi scoprire questi equilibri all'interno delle regole fissate potrebbe permettere, nel caso di trasporto dei modelli nelle società umane piuttosto che nello sviluppo dell'intelligenza artificiale, di scoprire i meccanismi di ottimizzazione delle scelte.
In questo senso sarebbe interessante poter dare un'occhiata a questo articolo sulle comunità on-line che propone un mix tra approccio teorico e sperimentale.
Nella speranza di non aver messo insieme cose che non vanno, al momento, a braccetto, o di non aver semplificato troppo o travisato il senso del titolo del progetto vincente, un saluto ai lettori pazienti (che lascio alla bibliografia e alle note) e, ovviamente, a Gianluigi.
Gli articoli di Nash che introducono l'equilibrio che porta il suo nome:
Nash, J. (1950). Equilibrium points in n-person games Proceedings of the National Academy of Sciences, 36 (1), 48-49 DOI: 10.1073/pnas.36.1.48
Nash J. (1951). Non-Cooperative Games, The Annals of Mathematics, 54 (2) 286-295. DOI: http://dx.doi.org/10.2307/1969529 (pdf)
(1) Gottlob G., Greco G. & Scarcello F. (2003). Pure Nash equilibria, Proceedings of the 9th conference on Theoretical aspects of rationality and knowledge - TARK '03, 215-230. DOI: http://dx.doi.org/10.1145/846241.846269 (arXiv)
(2) Greco, G., & Scarcello, F. (2009). On the complexity of constrained Nash equilibria in graphical games Theoretical Computer Science, 410 (38-40), 3901-3924 DOI: 10.1016/j.tcs.2009.05.030
(3) Goldstone, R., & Janssen, M. (2005). Computational models of collective behavior Trends in Cognitive Sciences, 9 (9), 424-430 DOI: 10.1016/j.tics.2005.07.009 (pdf)
(4) Beni G. (1993). Swarm Intelligence in Cellular Robotic Systems, Robots and Biological Systems: Towards a New Bionics?, NATO ASI Series Volume 102 703-712. DOI: http://dx.doi.org/10.1007/978-3-642-58069-7_38
(5) Bonabeau E., Dorigo M. & Theraulaz G. (2000). Inspiration for optimization from social insect behaviour, Nature, 406 (6791) 39-42. DOI: http://dx.doi.org/10.1038/35017500 (researchgate)
(6) Il dilemma del prigionieroè, dei tre che ho citato, sicuramente il più noto, anche grazie allo spettacolo teatrale dell'Oscar di Milano. Proposto da Flood e Dresher nel 1950, venne formalizzato, diventando "dilemma del prigioniero", da Albert Tucker nel 1992:
Due criminali appartenenti alla stessa banda sono stati arrestati e imprigionati. Ogni prigioniero è isolato, senza alcuna possibilità di parlare o scambiare messaggu con l'altro. La polizia, però, non ha prove sufficienti per condannare i due criminali utilizzando l'accusa più pesante. Il programma minimo prevede una condanna a un anno, così la polizia propone a ciascun prigioniero la possibilità di tradire il proprio compagno, testimoniando contro. Ovviamente ciascuno di loro può scegliere di restare in silenzio.
La situazione può essere, quindi, così descritta:
Se A e B tradiscono entrambi l'altro, ognuno di loro viene condannato a 2 anni di carcere.
Se A tradisce B, ma B resta in silenzio, A sarà libero e B condannato a 3 anni (e viceversa).
Se A e B restano entrambi in silenzio, saranno condannati a 1 anno di carcere per l'accusa minore.
Nash ha mostrato che la strategia migliore è quella di restare entrambi in silenzio.
(7) L'esistenza di una possibile intelligenza collettiva sta alla base della psicostoria introdotta da Asimov nel ciclo della Fondazionesviluppatosi tra il 1942 e il 1944. Questa è diventata ben presto una disciplina a tutti gli effetti (ad esempio il Journal of Psychohistory viene pubblicato a partire dal 1973). Un esempio di studio che potrebbe ricadere all'interno di questa disciplina viene segnalato su fantascienza.com: Kalev Leetaru, utilizzando l'automated sentiment mining, in pratica una rilevazione dello stato d'animo (un sistema che, per esempio, viene utilizzato anche da liquida per classificare i singoli post), sembra sia riuscito a costruire un modello in grado di descrivere la primavera araba. Ciò che manca è la conferma dell'eventuale capacità predittiva del modello (e di tutti i modelli del genere, ovviamente), cosa che capiremo solo con lo scorrere degli anni.

Astroboy: Il gatto rosso e altre storie

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Il gatto rosso
La prima reazione di uno straniero alla Tokyio del duemila è di stupore di fronte a una strana metropoli che mescola alla rinfusa la civiltà progredita del ventunesimo secolo con le antichità del ventesimo.
Passeggiando per Musashino non devi scegliere che strada percorrere. Puoi essere pago del percorrere senza meta le sue vie che ti condurranno in luoghi singolari e se per caso chiedi indicazioni a un passante non te la prendere se questi risponderà gridando. La strada discende verso valle, giacché a Musashino ci sono valli, monti e boschi. Rallegrati d'udire il canto degli uccelli sopra le tue teste.
(da Musashino di Doppo Kunikida, recitato dal Baffo)
Episodio gottfredsoniano, oserei dire: oltre all'atmosfera alcune gag sembrano tratte dalle strisce giornaliere del secondo padre di Topolino, come per esempio la caduta di Atom e Shibugaki in una botola nella foresta che ricorda quella di Topolino ne I sette fantasmi.
All'inizio troviamo Baffo che passeggia per Musashino, quartiere occidentale di Tokyo, recitando il passo di apertura del post. La storia, però, diventa subito inquietante e porta il maestro in una casa abbandonata, per poi fare la conoscenza con un inquietante gatto rosso che lo spinge ad andare a parlare con il responsabile del genio civile.
E' qui che il tema ecologico dell'episodio diventa evidente: uno scienziato, preoccupato dall'eccessiva industrializzazione e dalla cementificazione selvaggia, dopo non essere riuscito a convincere i responsabili politici di Tokyo della necessità di limitare tali attività, sparisce giusto il tempo di idearsi una nuova identità ad hoc, quella di un gatto rosso che, grazie a un particolare macchinario, spinge gli animali della città a ribellarsi contro gli uomini e invadere Tokyo.
Il professor Y passa, dunque, dalla parte del torto, nonostante la giustezza della sua causa, come dimostrerà la conclusione della storia con il blocco della cementificazione di Musashino. La notizia arriverà al capezzale del professore morente, che ha sacrificato se stesso per la difesa dell'ambiente. I metodi illegali che si è sentito costretto ad utilizzare, però, sono stati pagati dal professore con una moneta molto più cara rispetto ai responsabili dell'urbanistica cittadina.
Alcune soluzioni grafiche interessanti: ad esempio il dialogo tra Ochanomizu e Y nella casa diroccata di quest'ultimo si svolge con inquadratura fissa su quest'ultimo illuminato semplicemente dalla torcia del primo; o ancora una serie di tre vignette verticali con Atom che entra e esce dalle finestre di un palazzo alla ricerca di alcuni bambini in pericolo; e non dimentichiamo poi le vignette piene di personaggi, altro marchio di fabbrica di Tezuka sin da Metropolis, in questo caso popolate dagli animali controllati da Y.
Passeggiando per Musashino non devi scegliere che strada percorrere. Puoi essere pago del percorrere senza meta le vie che ti condurranno in luoghi singolari. Ecco un vecchio cimitero nel bosco, lapidi che riposano tristi, ricoperte di muschio. Rallegrati d'udire il canto degli uccelli sopra la tua testa. Per quanto la civiltà dell'uomo cresca, Musashino resterà intatta e la sua grandiosa natura sarà sempre là, ad aspettarti.
L'isola del serpente marino
Schiavitù, sfruttamento dei più deboli: questi i temi de L'isola del serpende marino. Un gruppo di pirati, al soldo di non si sa quale paese causa dei naufragi in mezzo all'oceano e costringe i naufraghi a scavare una miniera sottomarina per l'estrazione dell'uranio. Anche Atom, che indaga, si troverà in una situazione di illegalità: una delle leggi della robotica, infatti, costringe i robot a operare esclusivamente nel proprio paese, salvo muniti di un apposito permesso. E' una situazione, questa, che ad esempio verrà riproposta in 52, serie settimanale della durata di un anno proposta dalla DC Comics dopo gli eventi di Crisi Infinita. L'idea di base per questa sottotrama sulla regolazione dello sconfinamento dei supereroi, secondo me viene da Morrison, autore che molto probabilmente ha adorato Atom e ne ha preso ispirazione, ad esempio, per la proposizione del computer Solaris (come si vedrà in uno dei prossimi post).
Torniamo alla storia di Tezuka: le motivazioni che spingono Atom a violare la legge sono quelle di aiutare una ragazza in pericolo, catturata dai pirati insieme con il padre. E' però quel senso di giustizia insito in Atom che lo farà decidere a violare la legge che lo costringe in Giappone, quello stesso senso di giustizia presente in un altro personaggio di quell'universo supereroistico che ha fatto capolino all'inizio, Superman, il personaggio di Jerry Siegel e Joe Shuster.
Emerge, però, anche l'umanità di Atom, un aspetto della sua personalità che, in questa occasione, Tezuka approfondisce in rapporto con il lato femminile, rappresentato dalla ragazzina cui Atom vola in aiuto e dall'indigena che, in un rapporto d'amore e possesso, gli staccherà la testa, giungendo a una conclusione dolorosa per tutti i protagonisti, primo fra tutti Atom che non potrà mostrarsi nel finale alla ragazza che ha salvato, dopo essere stato costretto a scegliere di salvare lei piuttosto che tentare di salvare tutti.
L'oscillazione tra toni leggeri e drammatici, comunque, presente in questo sintetico episodio, è comunque uno dei punti fondamentali di tutta la serie, che mescola avventura con approfondimento sociale, gag con atmosfere drammatiche, il tutto con la sapienza e la maestria di Tezuka.
Dal punto di vista grafico, oltre alle inquadrature ardite, da segnalare la caduta di Atom all'interno dell'isola meccanica in una serie di vignette in cui il piccolo robot passa da una sagoma bianca appena abbozzata a un primissimo piano, e successivamente a una inquadratura fissa dall'alto sugli altri prigionieri che diventano più grandi man mano che Atom cade verso terra.
L'uomo congelato
Epico l'inizio. Un'auto sbanda e finisce fuori strada. Si incendia e tra le fiamme emerge una figura, una sagoma scura. E' Atom, subito pronto ad affrontare le ombre minacciose che gli si avventano contro.
E' uno degli episodi più leggeri del primo tankobon su Astro Boy, dove il nostro robot giunge in Messico per scortare quella che crede essere un spedizione scientifica. E mentre il tema della povertà è appena sfiorato, mentre nel corso degli eventi la prospettiva di Atom andrà ribaltandosi, mentre Tezuka ha modo di affrontare, con grande leggerzza, il tema della conservazione del patrimonio archeologico, tra misteri, avventura e colpi di scena si arriva rapidamente al gran finale, un appassionato e sentito omaggio al genere western, con Atom, ombra nel sole che tramonta, che, spalle al lettore, si avvia verso la sua prossima impresa.

Storia originale: Akai neko su Shonen, maggio-novembre 1953
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.16, Dark Horse, giungo 2003
Ristampa italiana: Astro Boy vol.1, Panini Comics, gennaio 2010
Storia originale: Umi hebi jima su Shonen (supplemento), agosto 1953
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.21, Dark Horse, novembre 2003
Ristampa italiana: Astro Boy vol.1, Panini Comics, gennaio 2010
Storia originale: Reitô ningen su Shonen (supplemento), luglio 1955
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.17, Dark Horse, maggio 2003
Ristampa italiana: Astro Boy vol.1, Panini Comics, gennaio 2010

Astroboy: Black Looks

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Se vi fosse al mondo un unico e solo luogo ove riposare e trovare pace, quel luogo sarebbe, per ciascuno di noi, sulle ginocchia della propria madre.
Bellissima: mistero, azione, gag, suspance. Il tema del razzismo. Il tema della perdita. La ricerca delle proprie radici. La ricerca delle risposte alle proprie domande, ai dubbi della vita. La risposta al dolore con altrettanto dolore e violenza, con l'intolleranza verso chi si percepisce diverso.
Black Looks, infatti, consente a Tezuka di affrontare apertamente il tema, finora accennato, dell'intolleranza degli esseri umani contro i robot, e con esso dell'intolleranza tra esseri umani, in particolare quella degli afroamericani negli Stati Uniti o degli africani stessi nel Sud Africa, una delle location del lungo, appassionante episodio.
Black Looksè, infatti, un'organizzazione di stile gangsteristico (l'iconografia di base, come sempre alla Dick Tracy, non lascia dubbi), che uccide i robot: il movente economico, sottrarre agli androidi le loro ricchezze, è però solo di facciata, utile per raccogliere fondi con i quali pagare l'organizzazione e ungere i politici, mentre è la vendetta a muovere il capo dell'organizzazione. La storia, ad ogni modo, inizia quando un misterioso robot distrutto viene recapitato, in una notte buia e tempestosa, alla famiglia Atom: per fortuna il prof. Ochanomizu si trova a passare di lì e può così ricostruire il povero robot, recuperando così gli elementi da cui far partire l'indagine.
Già la scena della ricostruzione non lascia alcun dubbio al lettore su quel che troverà dopo: il robot, steso sul tavolo operatorio con Ochanomizu all'opera, fa immediatamente pensare al dottor Frankenstein che sta assemblando la sua creatura. L'abilità narrativa di Tezuka, però, in questo episodio raggiunge una tecnica eccelsa: Nakamura, infatti, viene mostrato al telefono mentre parla con Ochanomizu e gli racconta dei Black Looks, mentre una sorta di veneziana lo fa poco a poco scomparire. Tempo 5 vignette e Tezuka è pronto a mostrarci il primo flashback della storia

Anche se non si può parlare tecnicamente di quadruple, sono comunque presenti delle vignettone che sottolineano i passaggi narrativi salienti, come per esempio l'aereo che, immerso nella notte antartica, si dirige verso il Polo Sud, o quando Baffo le da di santa ragione all'autista dell'autobus che non vuole far partire fino a che la famiglia Atom non scenderà dal mezzo.
Tutta la scena, dall'arrivo in aeroporto fino all'arresto di Baffo, sottolinea la posizione contraria alle discriminazioni razziali, grazie ai precisi riferimenti ai mezzi pubblici esplicitamente destinati alle razze differenti da quella bianca.
Dopo un primo confronto tra Atom e i Black Looks, dove il loro capo resterà ferito, Baffo ritorna indiscusso protagonista di due sequenze memorabili, la prima che parte in carcere e si conclude con la sua rocambolesca evasione, fino a perdere i sensi nel deserto bianco; la seconda, invece, ambientata in un ospedale, dove Baffo potrà rifocillarsi, ma verrà incredibilmente raggiunto dai Black Looks, alla ricerca di aiuto per il loro capo mortalmente ferito.
In particolare in questa seconda sequenza si segnalano due esperimenti grafici interessanti di Tezuka. Prima, infatti, ecco una serie di strisce dai forti contrasti bianco-nero, che trasmettono un'atmosfera soffusa della neve che circonda l'ospedale (e che genera i forti riflessi che dovrebbero essere alla base del contrasto accentuato)

Poi ecco l'arrivo dei gangster, l'aumento della tensione e della violenza gratuita, i toni si fanno scuri e inquietanti, anche grazie all'idea narrativa di spegnere le luci per mantenere al sicuro l'identità del proprio capo

E' in questa stessa scena che è presente un memorabile primo piano del capo dei Black Looks, che trasmette tutta la sua malvagità, nascosto dietro la maschera e con la canna della pistola minacciosamente puntata contro il lettore.
Nell'ultima parte dell'episodio la location si sposta in Sud Africa, descritto come ancora più intollerante del Polo Sud. In questo caso Tezuka abbandona le soluzioni grafiche particolari che abbiamo visto in precedenza e si concentra esclusivamente sull'azione (ci sono, tra le altre cose, una carica di elefanti e un classico salvataggio da ultimo minuto), che scorre senza un attimo di pausa fino alla sua drammatica e romantica conclusione

Storia originale: Burakku Rukkusu, su Shonen (supplemento), settembre 1957
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.15, Dark Horse, maggio 2003
Ristampa italiana: Astro Boy vol.1, Panini Comics, gennaio 2010

Eroici aggiornamenti

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Avendo voglia di provare una rinnovata funzionalità di embed.ly, che potrebbe essere utile anche per l'aspetto dei link post, vi segnalo i miei ultimi articoli per LSB (ovviamente, se volete, potete utilizzare il post sia per commentare la funzionalità, sia per commentare le recensioni!):

Abramo Lincoln, Palmer Eldritch e lo scrittore che ispirò il cyberpunk

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Pur non essendo un romanzo esplicitamente cyberpunk quanto potrebbe esserlo Le tre stimmate di Palmer Eldritch, questo Androide Abramo Lincoln presenta comunque alcuni elementi di contatto con il genere.
Dickè, per stessa ammissione di Gibson, un nume tutelare del cyberpunk, e questo romanzo sembra una sorta di "origini segrete" delle Pecore elettriche. Il romanzo viaggia su due binari espliciti ma al tempo stesso non troppo distanti: da una parte la classica domanda, che tra l'altro si pone anche Tezuka in Astro Boy, su quanto possa essere umana una intelligenza artificiale come quella di un androide (molto interessante la creazione del suo cervello, programmato utilizzando tutte le informazioni a disposizione sul personaggio che si è deciso di riprodurre), dall'altra un più profondo viaggio nella psiche umana e in particolare nel mondo della follia e della malattia mentale, come conferma lo stesso Dick nel saggio pubblicato in appendice al romanzo.
I due protagonisti principali, un uomo e una donna, come spesso avviene nei romanzi dello scrittore statunitense, sono una rappresentazione di Dick stesso e di una delle sue molte donne: come coppia sono infatti legati dalla follia, per l'uomo uno stato mentale in divenire, che alla fine del romanzo viene anche messo in dubbio, suggerendo che egli sia impazzito per un qualche oscuro motivo (forse l'amore?), per la donna, una ragazzina che potrebbe essere figlia dell'uomo, una condizione con la quale convivere per tutta la vita, una malattia che porta a volte a entrare in clinica, a volte a uscire. Ciò che poi è forse ancora più interessante è come il rapporto tra la giovane e il mondo esterno è soprattutto di enorme distacco, un atteggiamento non molto differente da quello utilizzato da Moore per descrivere il Dr. Manhattan o Ozymandias in Watchmen, quasi a suggerire che solo con la follia si riesce ad ottenere una visione lucida, precisa e distaccata della realtà, che poi era l'obiettivo non dichiarato ma abbastanza esplicito del romanzo: trovare un modo per potersi rapportare con il mondo.
Per contro Le tre stimmate di Palmer Eldritchè un romanzo che realmente anticipa il cyberpunk: il protagonista, infatti, dopo essersi perso nello spazio, torna sulla Terra e si scopre ha acquisito tre impianti meccanici, che di fatto lo rendono un cyborg. Questi elementi da soli non sarebbero per nulla sufficienti per avvicinare Le tre stimmate al genere fondato da Gibbons e Sterling: il romanzo, infatti, racconta dell'alienazione umana, un punto fondamentale nel cyberpunk, di allucinazioni e di una sfida per salvare la Terra. Se l'ultimo elemento è abbastanza universale, l'alienazione è invece una cifra stilistica del cyberpunk, declinata in vari modi tutti legati alla tecnologia, mentre ne Le tre stimmateè connessa con un gioco diffuso tra i coloni spaziali per permettere loro di socializzare, ma che a conti fatti sembra alienarli ancora di più.
Anche in questo caso il romanzo cerca di trovare risposta alla domanda su cosa sia l'essenza degli esseri umani. Per supportare l'idea, mi faccio aiutare da Steve Mizrach, che scrive:
Palmer Eldritch non perde la sua umanità a causa degli impianti artificiali (le "stimmate") o perché viene consumato da un fungo intelligente dal sistema Prox. Invece Dick suggerisce che la sua umanità è andata perduta quando alla fine ha perso anche la sua compassione, che poi è il motivo per cui Leo Bulero trionfa contro di lui. Dick non ha mai negato la possibilità che le macchine possano conoscere la gentilezza, e Deckard stesso arriva a questa conclusione ne Le pecore.
Tra l'altro quest'ultimo concetto è perfettamente espresso proprio dal Lincoln androide, che resta ad ascoltare i lamenti amorosi di Louis Rosen, il suo costruttore, mentre Pris Rock, che diventerà amante di Rosen, ne sembra completamente priva, risultando alla fine meno umana degli androidi.
In questo senso Palmer Eldritch è una sintesi perfetta dell'androide e di Pris, un passaggio da uno stato di umanità a uno di inumanità, un'idea che, in ultima analisi, è fondamentale anche nel cyberpunk: non a caso in Neuromante l'intelligenza artificiale che muove le fila del romanzo è, in un certo senso, proprio alla ricerca della propria umanità, circondata da personaggi al limite dell'alienazione che, al contrario, sembra che questa umanità la stiano perdendo.
Le immagini presenti nel post sono le illustrazioni complete realizzate da Antonello Silverini (blog, non aggiornatissimo, però) per la copertina dei due libri (ne ha parlato anche io9) nell'edizione della Fanucci (Le tre stimmate sono anche uscite per Sellerio)
Su entrambi potete leggere le recensioni uscite su fantascienza.com: quella di Stefano Di Paolo per L'androide Abramo Lincoln e quella di Pino Cottogni per Le tre stimmate di Palmer Eldritch

Atom l'ambasciatore

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Lo spiega lo stesso Osamu Tezuka ne La nascita e l'evoluzione di Tetsuwan Atom, storia in tre parti in appendice al primo volume della Panini Comics: Atom, noto negli Stati Uniti e da qui nel resto del mondo soprattutto come Astro Boy (soprattutto per la serie televisiva), nasceva come personaggio di contorno in Atomu Taishi, Ambassador Atom anche nota come Captain Atom, storia serializzata su Shonen dall'aprile 1951 al marzo 1952.
Nelle prime due puntate Tezuka prepara l'ambientazione, presenta i personaggi e poi con la terza introduce il robot Atom, che doveva comunque essere un personaggio marginale, ma permetteva di avere una coordinazione tra il titolo del manga e uno dei suoi protagonisti.
Il ruolo di Atom, però, crescerà prima della conclusione della storia: il robot, infatti, diventerà ambasciatore di pace nella guerra tra la Terra e i visitatori spaziali. Tezuka, infatti, inizia la storia come una space-opera classica: i terrestri viaggiano nello spazio a bordo di gigantesche astronavi dopo che la Terra è esplosa.
La seconda puntata si apre in maniera inaspettata: Tamao, uno dei ragazzi protagonisti della prima puntata si trova, sotto la pioggia, a Tokyo. Cosa è successo alla nave spaziale? Era tutto un sogno di Tamao? O c'è stato un ripensamento da parte dell'autore? In realtà, come si scoprirà in seguito, gli abitanti di un'altra Terra, questa esplosa, sono giunti sulla Terra di Atom. Tezuka, così, può introdurre nel suo fumetto da una parte gli avvistamenti di ufo di cui si sta iniziando a parlare sempre più diffusamente in quegli anni, e dall'altra la teoria dei molti mondi, in questo caso interpretata come se le Terre-parallele non si trovassero a un universo di distanza, ma all'interno del medesimo universo.
La teoria dei molti mondi raccontata da Ochanomizu




Ad ogni modo la guerra che scoppia tra le due Terre è un momento della storia abbastanza confuso: Tezuka, per non confondersi, disegna gli abitanti dello spazio con le orecchie a sventola, però, quando i due Tenma si incontrano, quello spaziale ha creato una terribile arma in grado di rimpicciolire fino a far scomparire qualunque essere vivente. Tratteggiato in un paio di vignette in maniera squisitamente folle, il lettore non può fare a meno di attendersi che sarà questo il Tenma che genererà conflitto nella storia. Invece è il creatore di Atom a ideare il piano diabolico di utilizzare il liquido restringente per eliminare le genti venute dallo spazio.
Tenma, quindi, rappresenta l'ambizione, la scienza che si corrompe per servire il potere e il tornaconto personale (il possesso di Atom, che poi lo rinnegherà come padre prima, fino a rivoltarglisi contro alla fine). Il regno di terrore instaurato da Tenma, poi, non può non far pensare al regno nazionalista e fascista che c'era nel Giappone stesso (e anche in Germania e in Italia) fino a qualche anno prima e che ha portato alla seconda guerra mondiale.
Atom diventa quindi ambasciatore di quella pace realmente agognata dal mangaka e rappresentante di quella scienza e quella tecnica cui Tezuka crede fortemente, quella realizzata per l'avanzamento e il benessere del genere umano.
In effetti la morte dell'Ochanomizu di Terra-2 (una delle prime esecuzioni del regime di terrore) per mano della polizia comandata dal Tenma di Terra-1 è probabilmente una metafora del controllo del potere sulla scienza, che quando non può essere inquadrata, viene eliminata.
Con la storia successiva, Gas People (Kitai ningen, aprile-ottobre 1952) Atom diventa l'indiscusso protagonista della serie. La storia, dove la minaccia è rappresentata da subdoli esseri fatti di vapore che si impossessano facilmente del corpo degli esser umani, si segnala soprattutto per la creazione da parte di Ochanomizu dei genitori di Atom. In particolare sono toccanti le scene di Atom che sogna una coppia idealizzata di genitori.
Il sogno di Atom



Di queste due storie, poi, sono riuscito a recuperare un paio di immagini originali, che differiscono rispetto alle versioni uscite in volume, come quelli editi dalla Dark Horse per il mercato statunitense. Come vedremo nel post dedicato ai fratelli di Atom, non sono le uniche storie ad aver subito modifiche, anche sostanziali (ovvero non solo nella grafica e nell'impaginazione).

da Ambassador Atom

da Gas People

Storia originale: Atomu Taishi su Shonen, aprile 1951-marzo 1952
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.15, Dark Horse, maggio 2003
Ristampa italiana: Astro Boy, Comic Art, 1997-1998
Storia originale: Kitai ningen su Shonen, aprile 1952-ottobre 1952
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.15, Dark Horse, maggio 2003

Cobalt, Uran e il cavallo vapore

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Come visto in Nascita di Atom, il professor Ochanomizu creò per il robot anche una coppia di genitori, ideata in origine su Gas People (come letto nel post Atom l'ambasciatore). La famiglia, però, venne successivamente allargata con l'aggiunta di due "fratelli": Cobalt e Uran. Mentre il primo è una versione un po' più alta e snella di Atom, la seconda è rappresentata, sia graficamente sia caratterialmente come una sorella minore.
Cobalt esordisce sull'omonima storia nel 1954 come sostituto di Atom: il Giappone è in piena crisi nucleare. Un ordigno inesploso, perduto da una ignota potenza straniera nelle profondità marine, è difficile da recuperare per gli esseri umani. La missione viene quindi assegnata ad Atom, che sembra non gradirla, apparentemente diviso tra i doveri da ragazzino e l'amore per la famiglia (la madre non vuole mandare il figlio in missione) e il dovere verso la società degli umani, cui il padre lo richiama.
Quando il nostro eroe sparirà per un paio di giorni, gli alti papaveri nipponici si preoccuperanno di cercarlo, ma ecco che Ochanomizu propone Cobalt, sostituto e in un certo senso fratello di Atom, che verrà sin da subito caratterizzato come inferiore rispetto al maggiore grazie al fatto che lo scienziato ha dovuto concludere la sua costruzione in fretta.
Tezuka, in questo caso, mostra grandissime abilità narrative, non solo nell'uso delle gag, ma anche nel passare dai toni noir della prima parte a quelli di spy story e d'avventura della seconda. Graficamente, poi, molto interessante la soluzione utilizzata per passare dalle scene terrestri a quelle sottomarine, con le vignette che si arrotolano su se stesse come a causa dell'umidità.
Dopo appena due anni Cobalt, però, muore (su questo evento Tezuka ci giocherà nell'introduzione a Cobalt nella ristampa statunitense della Dark Horse): alla fine della prima versione di Midoro SwampBaffo e Atom si ritrovano sulla pietra tombale del fratello di quest'ultimo.
A quanto pare l'episodio venne modificato con la prima ristampa avvenuta in concomitanza con l'esordio animato del personaggio, anche se già alla fine della prima edizione di Invisible Giant (maggio-luglio 1960) Cobalt ritorna come regalo per Atom. Non è il solo a uscire dalla scatola consegnata al piccolo eroe robotico: insieme a Cobalt, infatti, spunta fuori anche la piccola Uran.
La prima vera storia di Uran è un episodio a lei intitolato che potremmo definire domestico: Uran, che va in giro con il fratello Atom, si appassiona al wrestling robotico e decide così di entrare sull'arena e di combattere. Ha la potenza di 100000 cavalli, come Atom e come Cobalt, del resto, così l'incontro improvviso viene vinto facilmente. Per regolamento Uran, però, ora deve partecipare a tutti gli incontri del torneo, fino all'eventuale finale. E così la sorella di Atom si deve dividere tra i due impegni, fino a che non arriva, inevitabilmente, all'atto conclusivo del torneo. Il problema, però, sono i divieti di Baffo e del fratello, per aggirare i quali la ragazzina si rivolge a un equivoco nonnino, che le concede la capacità di dividersi in due. Peccato che, in questo modo, anche la sua potenza è destinata a dividersi in due, così, nonostante le battute al limite della tautologia fatte dai tifosi all'ingresso, Uran rischia di venire distrutta definitivamente.
Ancora una volta è l'intervento di Atom a scongiurare il peggio e quello di Ochanomizu a rimettere le cose a posto. Tezuka, quindi, utilizzando il desiderio dell'ubiquità, o dell'utilizzare i propri doppi per essere presenti in più posti contemporaneamente (un po' quello che farà Mi sdoppio in quattro con la clonazione), esplora il più classico tema della disobbedienza dei giovani, che in fase di crescita non riescono spesso a comprendere i divieti dei genitori, o la pericolosità nel disobbedire, o nel seguire avventatamente dei consigli non proprio disinteressati.
In questo senso il torneo, tema che poi ritornerà in molti altri manga (e non solo), che rappresenta il desiderio da raggiungere a ogni costo per Uran, mi permette, vista la loro importanza, di scrivere qualcosa anche sul cavallo vapore: è una unità di misura della potenza, non presente nel sistema internazionale, sostituita dal watt ($W$). La potenza è definita come il lavoro compiuto nell'unità di tempo, e quindi il rapporto tra lavoro speso e tempo impiegato per spenderlo: \[P = \frac{\Delta L}{\Delta t}\] D'altra parte la potenza può essere anche definita come il prodotto tra forza e velocità \[P = \vec F \cdot \vec v\] Questo vuol dire, per i nostri Atom e Uran, che, nota la potenza massima e la massima velocità raggiungibile, siamo in grado di stabilire quale è la forza di un loro pugno. D'altra parte, nel caso di potenza fissa, ovvero sono sempre in grado di sviluppare la stessa quantità massima di potenza, allora la situazione migliore per generare la forza massima sarebbe avere una velocità estremamente bassa.
D'altra parte si potrebbe complicare leggermente il problema della potenza generata da un pugno di Atom e Uran in questo modo: Si considera la potenza calcolata usando la velocità angolare: \[P = \vec M \cdot \vec \omega\] A questo punto il pugno si suppone venga generato mettendo il braccio in rotazione, questo vuol dire che il momento angolare della forza è dato da \[\vec M = \vec r \times \vec F_b\] Se ci mettiamo nella situazione di valori massimi per momento e potenza, la forza generata dal braccio in rotazione è data da \[F_b = \frac{P}{\omega \cdot r}\] dove $\omega$ è la velocità angolare del braccio, $r$ la sua lunghezza.
A questo punto, nell'ipotesi di Atom o Uran in volo, la forza totale sarà in conclusione data da \[F_{tot} = m a + F_b\] dove $m$ è la massa del robot, a la sua accelerazione (si suppone che, in caso di attacco, Atom o Uran aumenti la sua velocità per colpire al massimo l'avversario). Questo, come conseguenza, ha che la potenza massima che i nostri eroi possono erogare durante una sfida non è poi così costante come pensava il grande Osamu Tezuka, visto che nella seconda formula $F$ va sostituito con $F_tot$: \[P_{tot} = m a v + \frac{P_{max}}{\omega \cdot r} v\] dove $v$ è la velocità finale, ovvero poco prima di colpire l'avversario.

P.S.: 100000 CV sono circa 73500000 W, cioé qualcosa come 1837500 lampadine da 40 W.
Storia originale: Kobaruto su Shonen, giugno-settembre 1954
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.9, Dark Horse, novembre 2002
Storia originale: Uran–chan su Shonen, giugno-settembre 1954
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.14, Dark Horse, aprile 2003
Ristampa italiana: Astro Boy vol. 3, Panini Comics, maggio 2010

Il segreto dei cospiratori egiziani

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Inizia come una spy story, Il segreto dei cospiratori egiziani, o come un fumetto noir, come afferma Baffo durante l'immancabile inseguimento sul tetto del treno in un incipit che, in effetti, sembra ispirato anche a Mistero sull'Orinet Express di Agatha Cristie.
Dietro questo inizio al fulmicotone c'è una cospirazione ordita dal professor Baribari che, utilizzando il suo robot Cleopatra, cerca di riportare al suo antico splendore il Regno dell'Egitto e, da qui, conquistare il mondo intero. Il racconto di questa cospirazione viene fatto da Tezuka trasformando le vignette in una serie di geroglifici, con una soluzione non troppo differente da quella utilizzata da Romano Scarpa ne Le sorgenti mongole, quando il maestro veneziano racconto, con dei graffiti, la leggenda che spinse Topolino a intraprendere una nuova avventura.
La storia di Cleopatra raccontata da Ochanomizu





Questa serie di vignette sono anche emblematiche della struttura visiva utilizzata dal maestro giapponese: quattro strisce suddivise in due o tre vignette, in base alle esigenze narrative. E' anche una struttura molto flessibile nell'interpretazione di Tezuka, molto più di quanto fece Barks negli Stati Uniti: il creatore di Atom, infatti, introduceva spesso vignettone ariose (quadruple o sestuple) e anche delle spettacolari splash page, come quella dell'ingresso del tempio egizio sede della cospirazione di Baribari.
Altrettanto spettacolare è poi l'assemblaggio dell'astronave sulla quale Cleopatra viaggia verso il Giappone per sfidare Atom e recuperare il gioiello fondamentale per la sua incoronazione: essa è costituita da quattro giganteschi giganti robotici. Molte poi sono le sequenze silenziose (o quasi), dominate soprattutto dalle onomatopee, che si distinguono tra scene di combattimento, caratterizzate da un'azione senza respiro, e scene di tensione in stile western, come il confronto tra Tenma, che cammina ignaro, e Cleopatra, che si prepara a tendergli un agguato.
Ottimo, poi, l'utilizzo delle gag, alcune molto ironiche, come la già citata battuta sui fumetti noir di Baffo o la scena metafumettistica di Ochanomizu che resta intrappolato all'interno di un libro di storia più grande di lui.
A livello di trama, invece, è degna di nota, soprattutto per il lettore degli ultimi anni, la scena che porterà alla sconfitta di Baribari: i seguaci di Cleopatra, infatti, scoperta la sua vera natura, si ribellano allo scienziato, iniziando con una vignetta che occupa i tre quarti della pagina in cui gli egiziani iniziano la rivolta, in una sorta di previsione sulla Primavera Araba, lanciando sassi.
Sembra al tempo stesso un riferimento alla rivoluzione che portò alla caduta del regno di Persia e alla nascita della Repubblica dell'Iran, e alle rivolte con le pietre che sono diventate famose grazie alla guerra tra palestinesi e israeliani. Ad ogni modo Tezuka sottolinea la violenza e la drammaticità dello scontro con una doppia splash page di assalto all'ingresso del tempio e una quadrupla dal suo interno, dove i rivoltosi abbattono statue, mura e colonne, esaltando la violenza e la drammaticità della sagoma completamente nera che si trova al centro della vignetta con in braccio un fucile pronto a sparare.
Sono poi presenti tre soluzioni grafiche interessanti ed estremamente cinematografiche: si inizia con una serie di vignette con primissimi piani sui calci e i pugni subiti da Baribari.
Quindi ecco un inquietante zoom sulla bomba suicida elettrica attivata da Cleopatra per distruggere il tempio, mentre il robot, con Baribari in braccio, si era rifugiata all'interno di un sarcofago.
E infine la drammatica sequenza di Tenma che si corre contro la porta della sala del sarcofago per salvare il suo malvagio collega: arriverà in ritardo, ma questa sconfitta verrà sottolineata dal riflesso della porta nell'occhio di Tenma che si ingrandisce sempre più fino a che l'occhio non scompare e lascia solo la porta su cui si abbatteranno i pugni dello scienziato.
A livello di trama, Tezuka, oltre a raccontare delle tensioni in Medio Oriente (l'ambientazione, infatti, non lascia alcun dubbio sulla fonte di ispirazione), propone anche un interessante approfondimento sul rapporto tra padri e figli: abbiamo, infatti, da un lato il conflittuale rapporto tra Cleopatra e Baribari, con la prima che si ribella al "genitore", sentendo che le sue scelte sono fondamentalmente sbagliate; dall'altro, invece, ci sono Tenma e Atom, con quest'ultimo che nutre un grande affetto verso il genitore perduto, che però non riesce a rivelarsi, a causa della vergogna. Anche Atom, infatti, si ribellò al suo creatore, accecato dall'ambizione, spingendolo quindi ad aprire gli occhi e ad allontanarsi per la vergogna: entra quindi in gioco un doppio elemento di continuity, con un riferimento forte ad Ambassador Atom, e di mistero non essendo chiaro come abbia fatto Tenma a sopravvivere al suo stesso raggio riducente. Un po' come decenni dopo Everett Ducklair nella Paperopoli di Paperinik New Adventures: ma questa è un'altra storia.
Storia originale: Ejiputo inbôdan no himitsu su Shonen, aprile-agosto 1959
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.9, Dark Horse, novembre 2002
Ristampa italiana: Astro Boy vol. 2, Panini Comics, marzo 2010

Particle Clicker: gestire un esperimento di LHC

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In particolare uno tra ATLAS e CMS, i due esperimenti giunti agli onori delle cronache per la scoperta del bosone di Higgs.
E' possibile, infatti, da un paio di settimane, giocare a Particle Clicker, un bel gioco gestionale che fa comprendere quanto sia complesso, ma anche gratificante gestire un esperimento scientifico come uno dei due citati prima.
Innanzitutto la schermata: è suddivisa in quattro frame. Da sinistra a destra: nel primo sono elencati i risultati di ricerca ottenuti con l'avanzare dei dati; nel secondo, il più grande, è contenuto uno schema dell'esperimento dove compaiono gli eventi di collisione e, sotto, il numero di dati raccolti (che serve per fare le "scoperte"), la reputazione, i fondi; nel terzo sono presenti le varie tipologie di ricercatori che lavorano all'esperimento; nell'ultimo gli aggiornamenti man mano che sono disponibili in base ai fondi raccolti.
Per poter iniziare, bisogna cliccare nel frame dell'esperimento (cui è possibile dare il nome che si vuole), operazione che potrà essere ridotta fino ad annullarla man mano che avremo i fondi necessari per assumere personale.
Il gioco, poi, grazie ai salvataggi, può essere ripreso in ogni momento, ovviamente a meno di una cancellazione dei dati di navigazione da parte del giocatore.
Del gioco vi riferisco, però, solo ora semplicemente perché, nel primo pomeriggio... ho scoperto il bosone di Higgs!
P.S.: la pagina del CERN dedicata al bosone di Higgs

L'isola a croce e altre storie

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L'isola a croce
Il rapporto tra padri e figli viene approfondito, nello stesso volume della raccolta Panini, anche ne L'isola a croce, dove il dottor Tozawa evade dalla prigione in cui è rinchiuso solo per andare a completare Pook, il robot che considera un figlio e che, a causa dell'arresto, non era riuscito a finire.
Se ne Il segreto dei cospiratori egiziani si approfondisce il rapporto di dipendenza tra padri e figli, in questo caso si aggiunge all'equazione anche il lato del genitore: Tozawa, infatti, è disposto a tutto pur di riunirsi al figlio e dargli una possibilità per il suo futuro. Prima, come detto, evade dalla prigione, quindi non esita a minacciare un inserviente dell'isola a croce per entrare nell'installazione e recuperare Pook, senza dimenticare gli atti di violenza su Baffo o la manomissione di Atom per recuperare pezzi utili a completare il "figlio". Rispetto a Baribari, Tozawa invece non vuole utilizzare il figlio per scopi personali, ma sembra piuttosto mosso da motivazioni non troppo dissimili da quelle di Tenma, anche se a differenza di quest'ultimo l'uso non autorizzato di fondi statali lo ha portato a diventare un "pericoloso criminale".
L'introduzione, nell'equazione, della criminalità organizzata sotto forma della Triade di Sankaku Kin, è inoltre un esplicito riferimento ai problemi di una gioventù troppo spesso preda delle cattive compagnie, soprattutto in mancanza di una guida genitoriale ispirativa, che a Pook viene a mancare con la morte di Tozawa. In effetti è l'ignoranza di questa morte che, nel caso specifico, permette alla Triade di controllare il robot.
Anche in questo caso Tezuka introduce elementi narrativi e grafici interessanti, iniziando dai robot trasformisti, che evidentemente anticipano il tema portante dei Transformers. Graficamente, poi, interessante è la sequenza in cui Baffo, dopo essere stato colpito dagli evasi, si risveglia con una serie di vignette in soggettiva.
L'abbraccio di Tozawa con il figlio e la scena successiva, il tutto per un totale di due pagine, viene rappresentato, poi, attraverso una serie di occhielli che illuminano solo una porzione di ciascuna vignetta.
Altre soluzioni grafiche degne di nota, oltre alle solite vignettone o alle inquadrature non ovvie, sono l'adozione della struttura a tre strisce per l'ultima parte della storia, e drammatica e cinematografica ultima pagina con l'inquadratura che, partendo da Pook, si allarga fino all'emozionante striscia conclusiva.



Anche in questo caso sono presenti un paio di riferimenti metafumettistici con Baffo che, mentre l'isola sta sprofondando nel fare, afferma:
Sta andando in pezzi perfino la vignetta...
Robot Land
Non è difficile immaginare che Robot Land possa essere stata di ispirazione per Cricton e per Spielberg per il loro Jurassic Park(1) (ovviamente mi riferisco all'episodio animato). Il dottor Haido, infatti progetta e costruisce una sorta di parco dei divertimenti interamente ispirato alle fiabe europee e abitato da robot.
Se vogliamo questo è anche l'episodio dove più di tutti si critica uno degli aspetti peggiori della discriminazione razziale: lo schiavismo. I robot realizzati per Robot Land, infatti, vengono considerati delle proprietà esclusive di Haido, ignorandone sentimenti ed esigenze. Questo metterà in seria difficoltà Atom, molto più della forza del suo avversario principale, il demone Satan del paese delle favole in groppa al suo terribile dragone sputafuoco. Atom, infatti, si ritroverà dibattuto tra la necessità di aiutare chi è in difficoltà, i robot dell'isola di Haido, e il rispetto delle regole, la cui mancanza potrebbe portare guai a Ochanomizu e Baffo, i suoi tutori umani.
Graficamente, mentre la struttura si mantiene quella classica e flessibile di Tezuka, a quattro strisce, forse più che negli altri episodi l'influenza disneyana diventa più evidente, forse dovuta all'utilizzo delle favole occidentali come ispirazione per l'episodio.
L'uomo vegetale e Pianeta Bianco
Due brevi storie, quelle che in gergo statunitense definiremmo fill-in.
L'uomo vegetaleè una classica storia di invasione dallo spazio: gli invasori sono dei robot che cercano di rubare le risorse idriche terrestri per salvare un pianeta morente, che nel frattempo è esploso. Ignari della cosa ritengono l'unico essere vivente della missione un traditore. Quest'ultimo, l'uomo vegetale del titolo, si alleerà con Atom per fermare i robot e salvare almeno la Terra.
E' interessante osservare una certa somiglianza tra le astronavi succhia linfa degli evroniani in PKNA e poi in Pikappa quelle disegnate da Tezuka mentre succhiano l'acqua dal pianeta.
Pianeta Bianco, invece, si concentra sulle corse di auto robotiche: il protagonista, Koichi, viene minacciato di non partecipare a una importante corsa che ha sempre vinto. L'intervento di Atom e Ochanomizu risulterò risolutivo tanto quanto un elemento che lo stesso Koichi, personaggio decisamente antipatico, caratterizzato come tutto chiuso in se stesso, ha spesso sottovalutato.
(1) Non sono l'unico a pensarla in questo modo, a quanto pare, solo che gli occhi sono tutti puntati su Dinosaur Dilemma del 1963, episodio della prima serie animata, la cui trama sembra identica a quella di Jurassick Park. A sua volta l'episodio sembra ispirato alla trilogia Lost World, Metropolis, Next World di Tezuka e ispirata ai tre omonomi romanzi.
Per approfondire, vedi sia questa discussione su un Yahoo group, sia questo topic nel forum di Astro Boy Online.
Storia originale: Jûjikajima su Shonen, gennaio-aprile 1958
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.5, Dark Horse, luglio 2002
Ristampa italiana: Astro Boy vol. 2, Panini Comics, marzo 2010
Storia originale: Robotto rando su Shonen, maggio-settembre 1962
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.4, Dark Horse, giugno 2002
Ristampa italiana: Astro Boy vol. 4, Panini Comics, luglio 2010
Storia originale: Shokubutsu ningen su Shonen (speciale anno nuovo), 1961
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.1, Dark Horse, marzo 2002
Ristampa italiana: Astro Boy vol. 3, Panini Comics, maggio 2010
Storia originale: Shiroi wakusei su Shonen (speciale anno nuovo), 1963
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.2, Dark Horse, aprile 2002
Ristampa italiana: Astro Boy vol. 3, Panini Comics, maggio 2010

Lontano dal pianeta silenzioso

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C.S. Lewis non è solo lo scrittore de Le cronache di Narnia, ma ha anche realizzato una trilogia fantascientifica di cui recentemente (2011) la Adelphi ha proposto uno dei tre romanzi, Lontano dal pianeta silenzioso.
Il protagonista, Elwin Ransom, professore di filologia, viene portato contro la sua volontà da due loschi scienziati su Marte. Sembra quasi l'incipit di Paolino Paperino e il mistero di Marte di Federico Pedrocchi, e infatti anche nel romanzo di Lewis i due rapitori sembrano andare alla ricerca di ricchezze e potere, ma rispetto all'avventura disneyana, il romanzo da un lato cerca di essere scientificamente plausibile (il racconto del viaggio nello spazio, per quanto sia pieno di errori, giusto per non dire completamente sbagliato, è comunque apprezzabile per lo sforzo di immaginare in maniera coerente alcuni possibili disagi del viaggio stesso), dall'altro, invece, sembra raccogliere gli insegnamenti della cultura orientale per rappresentare la cultura marziana, costruita dall'apporto di razze differenti.
Un bel romanzo che, probabilmente, ha in parte influenzato Robert Heinlein nella sua descrizione della cultura marziana in Straniero in terra straniera, dove gli aspetti scientifici sono secondari, anche se ben descritti (e questo rende semplice l'identificazione degli errori).
Immagine: Nuovo pianeta di Konstantin Yuon

Intervallo: Il sogno del volo nello spazio

Il sole artificiale e altre storie

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Il sole artificiale
Come ricorda Michio Kaku in Mondi paralleli, per Carl Sagan l'ultimo grande salto tecnologico lo faremo quando riusciremo realmente a controllare l'energia a un livello galattico. Più o meno era quello che pensava anche Tesla e, probabilmente, lo stesso pensiero c'era anche in Tezuka mentre scriveva e disegnava Il sole artificiale. Tra l'altro questo particolare robot senza mente realizzato da Ochanomizu e Hirata per produrre energia, è incredibilmente simile per concezione e struttura con Solaris e Mageddon, soli artificiali malvagi ideati da Grant Morrison sulle pagine della JLA: che sia rimasto colpito dall'episodio corrispondente nella serie animata?
Se a questa domanda potrebbe rispondere solo lo sceneggiatore scozzese, a quella rivolta a Ochanomizu sul perché ha costruito un robot che si rivelerà nella storia così pericoloso, la risposta la si trova nella storia: permettere agli esseri umani di lavorare in un ambiente più confortevole nelle zone più periferiche della galassia, come per esempio sulla superficie di Plutone. E qui la vicinanza con Solaris in particolare si fa più forte: anche il sole malvagio viene costruito con un intento altruistico. Bisogna, infatti, creare un hardware sufficientemente avanzato per permettere al virus-Hourman di abbandonare la Terra e impedire ai suoi abitanti di uccidersi a vicenda.
Solaris, quindi, si rileva al tempo stesso una macchina salvifica, perché nasce con il seme della salvezza, e malvagia, poiché la sua direttiva primaria sembra essere uccidere Superman e la sua famiglia e tutta la razza umana. In Tezuka, invece, il sole artificiale, dotato di tentacoli e non di coni energetici come il computer malvagio di Morrison, è semplicemente uno strumento attraverso il quale si compie il volere degli uomini, prima quello altruistico di Ochanomizu e di Hirata, quindi quello egoistico e criminale di Sankaku Kin, ritornato dopo l'avventura sull'isola croce.
Anche la sconfitta dei due soli artificiali non è dissimile: mentre Solaris viene allontanato dal Sistema Solare grazie alla barra cosmica dello Starman del lontano futuro, il sole di Ochanomizu e Hirata viene guidato da Atom contro il Sole vero e proprio. Le differenze stanno però, una nella storia: quella di Morrison è un'avventura temporale che chiude Solaris in un loop temporale di creazione-distruzione; e l'altra, già accennata in precedenza, sta nell'intelligenza artificiale, completamente assente nel sole artificiale di Tezuka.
Questa differenza, però, è in un certo senso in accordo con uno dei punti più importanti di tutta la saga di Astro Boy: Atom, infatti, ogni volta che si confronta con i suoi avversari robotici, spesso si sente rispondere qualcosa del tipo "Mi hanno ordinato di comportarmi così". Atom, invece, replica che "un ordine, per quanto proveniente dal proprio creatore, se malvagio non va per forza rispettato". E' un po' come spostare la responsabilità dal costruttore/padre/padrone al robot, che da semplice arma (o da esecutore) passa a intelligenza autonoma, in grado di un giudizio personale.
E' anche abbastanza evidente, poi, il perché Tezuka non dota di una seppur minima intelligenza il suo sole artificiale: l'idea principale è quella di porre l'attenzione sul controllo del clima del pianeta: non credo sia un caso che l'esperimento di Ochanomizu si riveli un fallimento, mentre l'utilizzo egoistico di Sankaku Kin si riveli un successo, almeno fino all'intervento di Atom. Sembra quasi che il mangaka voglie invitare alla cautela con l'uso delle nuove tecnologie.
Altro tema fondamentale è, poi, dettato dalla sottotrama legata al rapporto tra Atom stesso e Sherlock Holmespan, erede di Holmes e narrativamente parlando sua futuristica variazione. Holmespan, infatti, si rivela essere un cyborg che odia i robot, ritenendosi da questi diverso. Solo il rapporto con Atom e la letale situazione in cui si verrà a trovare nel finale, lo spingeranno a ricredersi definitivamente sui robot.
Sua altezza Dead Cross
Ciò che Rag rappresentava nell'economia della storia è molto più di ciò che ha realmente rappresentato (o che riesce a rappresentare) oggi Obama. Quest'ultimo è passato alla storia come il primo presidente afro-americano degli Stati Uniti, mentre Rag è il primo presidente robotico nel mondo di Astro Boy. Obama ha rappresentato la speranza di uscire dall'ennesima crisi economica, Rag, come Mandela (e scusate il parallelismo), rappresenta la speranza di costruire un mondo di tolleranza, in cui umani e robot (come sempre da intendersi come "diversi") possano vivere insieme in armonia.
Intorno a questo tema, Tezuka sviluppa una storia di stampo spionistico, dove mette Atom e lo stesso Rag in una situazione apparentemente senza ritorno, spostando tutta la responsabilità sulle spalle del maestro Baffo e del primo ministro della Gravia, che nella seconda parte si infiltreranno nel palazzo sede di Dead Cross e del suo gruppo anti-robot.
Si trovano, ad ogni modo, spunti interessanti nella storia, come il rapporto creatore-creatura, ancora una volta declinato come un rapporto padrone-schiavo: in questo caso è interessante notare come, nonostante il discorso sulle reti neurali non sia, all'epoca, avanzato come oggi, per Tezuka è proprio la conoscenza, il processo dell'imparare a creare le strutture necessarie per i robot per potersi affrancare dallo stato di schiavitù.
Come al solito, poi, c'è un riferimento metafumettistico, questa volta con l'ingresso di Ochanomizu, anche se alcune pagine dopo una sua battuta sembra inserita appositamente per giustificare in maniera più coerente il suo ingresso nella storia, altrimenti inspiegato.
L'intervento risolutore di quest'ultimo, poi, si confonde, graficamente, con Dead Cross che parla al telefono con il dottor Brumble, invitato a sabotare il salvataggio di Atom.
Ultima curiosità è l'esercito di tessere di mah-jong robot di Brumble che strizza l'occhio all'esercito di carte della Regina di Cuori in Alice nel Paese delle Meraviglie.
Atom contro Garon
Prima di realizzare Il più grande robot del mondo, Tezuka ha ideato per Atom sfide pure e semplici apparentemente impossibili o comunque tali da costringerlo a dare fondo a tutte le sue qualità. Una delle storie di questo genere è sicuramente Atom contro Garon.
In questo caso la complicazione deriva dal fatto che l'avversario di Atom, Garon, è un robot proveniente da un altro pianeta in grado di terraformare il mondo esterno per le esigenze del proprio padrone. A quanto pare la di Garon è stata deviata, facendolo precipitare sul pianeta sbagliato: il suo compito, infatti, era quello di terraformare un pianeta disabitato, per renderlo abitabile per una razza aliena che aveva commissionato il lavoro.
La sfida, già complicata quando Garon improvvisamente si sveglia, diventa quasi incontrollabile dopo che il robot finisce nelle mani del dottor Amanogawa. Questi, nell'illusione di poter studiare in sicurezza la geofisica e l'ambiente di un mondo extraterrestre, attiva il robot per terraformare una piccola isola. Purtroppo ciò che Amanogawa non aveva considerato era l'ipotesi che il mondo che doveva essere ospitale per una certa razza, poteva non esserlo per l'umanità: pagherà caro questo errore.
La salvezza della Terra passa, quindi, per Atom, che grazie non alla sua forza, inutile contro Garon, ma all'intelligenza riesce a sconfiggere una macchina apparentemente inarrestabile, spingendola a gettarsi da sola in orbita.
Storia originale: Jinkô taiyô kyû su Shonen, dicembre 1959-febbraio 1960
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.5, Dark Horse, luglio 2002
Ristampa italiana: Astro Boy vol. 3, Panini Comics, maggio 2010
Storia originale: Deddokurosu Denka su Shonen, settembre-dicembre 1960
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.2, Dark Horse, aprile 2002
Ristampa italiana: Astro Boy vol. 3, Panini Comics, maggio 2010
Storia originale: Atomu tai Garon su Shonen, ottobre 1962-febbraio 1963
Ristampa statunitense: Astro Boy vol.10, Dark Horse, dicembre 2002
Ristampa italiana: Astro Boy vol. 5, Panini Comics, settembre 2010

L'uomo che non sapeva dove morire

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Due gli aspetti stuzzicanti che mi hanno spinto a leggere L'uomo che non sapeva dove morire dell'argentino Guillermo Saccomanno: l'ambientazione apocalittica descritta nel risvolto della prima di copertina ("In una città devastata dagli attacchi della guerriglia e dalle piogge acide, percorsa da bambini zombi e cani clonati") e il capitolo 38, una paginetta su cui mi si sono posati gli occhi casualmente:
A volte, di nascosto, si porta una rivista in bagno. Seduto sulla tazza, legge un articolo su un convegno di neuroscienze. Studi su pazienti che hanno subito un danno circoscritto a un'area della corteccia frontale e presentano gravi carenze d'orgoglio, vergogna e pentimento. Altri, invece, presentano difficoltà nell'attribuzione di intenzionalità. Al convegno si è discusso anche di empatia e morale associate al comportamento collettivo. L'empatia ci spinge ad agire: se vediamo soffrire una persona, la situazione può causarci dolore e attivare i circuiti cerebrali legati al pericolo. Un ottimo esempio, dice l'articolo, è ciò che accade in una nursery con un neonato di non più di diciotto ore. Se il neonato piange, anche gli altri si mettono a piangere.
Questo esempio lo commuove.
In effetti è l'immagine iniziale del capitolo qui sopra (è tutto qui!) a convincermi dell'acquisto, ma certamente tutto il passo da perfettamente un'idea sul personaggio, un impiegato, un contabile di un ufficio statale con moglie e figli. Il romanzo è sostanzialmente kafkiano, forse più dello stesso Kafka: ogni protagonista è privo di una qualsiasi identità, identificato solo dal ruolo che riveste rispetto al mondo osservato dall'ottica dell'impiegato. E' la spersonalizzazione, uno dei tratti della letteratura di Kafka (un cui passo, dai Diari, si trova all'inizio del libro), spinta all'estremo, un modo differente di vedere la distopia, questa volta dal punto di vista di una persona che non riuscendo a ribellarsi, si ritrova a vagare senza punti di riferimento in una società alla deriva e ipercontrollata.
E' un uomo che cammina, perché questa è la sua attività principale, quella che alla fine lo identifica più del suo stesso lavoro; del rapporto con i colleghi; del piccolo, adrenalinico tradimento con la segretaria del capo (che a sua volta ne è l'amante); più del suo rapporto con la moglie è i figli. Cammina.
E "non sa dove morire". Come recita l'ultimo passo del romanzo. Come recita il titolo del libro.
Un uomo con un viaggio, certo, ma senza una meta e, peggio ancora, senza un faro.
Traduzione: Francesca Pe'

Racconti matematici

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Secondo Robert Musil, nel simpatico racconto/saggio che chiude la raccolta curata da Claudio Bartocci, sono ben poche le attività umane dove la matematica non riveste alcun ruolo:
Tutto ciò che esiste intorno a noi, che si muove, corre o se ne sta immobile, non soltanto sarebbe incomprensibile senza la matematica ma è effettivamente nato dalla matematica, e ne è sostenuto nella realtà concreta della propria esistenza.
Anche la letteratura è fatta di matematica: a un livello superficiale le regole grammaticali e del linguaggio sono regole matematiche. Raymon Queneau, però, uno dei fondatori dell'oulipo, tra i cui "seguaci" si conta, ad esempio, un certo Umberto Eco, ha fatto sì che gli scrittori iniziassero a giocare con la matematica, sia inserendola nelle tematiche, sia utilizzandola per programmare la struttura di racconti e romanzi.
La raccolta Racconti matematici, in sostanza, si occupa della matematica nella letteratura in maniera assolutamente completa, sia con racconti e saggi in cui essa ha un'importanza essenziale nella trama, sia in racconti in cui, in realtà, essa gioca un ruolo fondamentale solo nella struttura stessa del racconto, negli aspetti apparentemente tecnici.
Ad esempio L'hotel straordinario di Stanislaw Lemè in pratica l'hotel infinito di Hamilton spiegato come un racconto, mentre Dino Buzzati con I sette messaggeri, presente nella raccolta La boutique del mistero, racconta di numeri e serie numeriche con sette messaggeri che portano le informazioni al re in viaggio sul suo regno lontano. Ogni volta impiegano più tempo di prima, un po' come dei bosoni messaggeri che mettono in comunicazione due particelle: la forza dell'interazione è sempre più debole con il ridursi della distanza:
Non uso alla lontananza dalla mia casa, vi spedii il primo, Alessandro, fin dalla sera del secondo giorno di viaggio, quando avevamo percorso un'ottantina di leghe. La sera dopo, per assicurarmi la continuità delle comunicazioni, inviai il secondo, poi il terzo, poi il quarto, consecutivamente, fino all'ottava sera di viaggio in cui partì Gregorio. Il primo non era ancora tornato.
Ci raggiunse la decima sera, mentre stavamo disponendo il campo per la notte, in una valle disabitata. Seppi da Alessandro che la sua rapidità era stata inferiore al previsto; avevo pensato che procedendo isolato, in sella a un ottimo destriero, egli potesse percorrere, nel medesimo tempo, una distanza due volte la nostra; invece aveva potuto solamente una volta e mezza; in una giornata, mentre noi avanzavamo di quaranta leghe, lui ne divorava sessanta, ma non di più.
Così fu degli altri. Bartolomeo, partito per la città alla terza sera di viaggio, ci raggiunse alla quindicesima; Caio, partito alla quarta, alla ventesima solo fu di ritorno. Ben presto constatai che bastava moltiplicare per cinque i giorni fin lì impiegati per sapere quando il messaggero ci avrebbe ripresi.
L'Italia è quindi protagonista nella raccolta: l'adesione italiana al movimento di Queneau non è solo dovuta a Eco, presente nella raccolta con una intervista immaginaria a Pitagora (qualcosa del tipo le telefonate infernali di Dioniso), ma anche al grandissimo Italo Calvino. Le Cosmicomiche, in questo senso, sono un esempio di come si possa divulgare la scienza in maniera intelligente e divertente grazie al breve cappello introduttivo e a delle storie fantastiche e divertenti al tempo stesso. E proprio dalle Cosmicomicheè estratto il primo dei due racconti presenti nella raccolta, Quanto scommettiamo, che, come già intuibile dal titolo, si concentra sulla matematica delle probabilità.
Con Il conte di Montecristo, invece, Calvino utilizza un concetto di matematica avanzata presente anche ne La casa nuova di Robert Heinlein. Non a caso i due racconti sono uno dietro l'altro e narrano di edifici impossibili (nel primo caso la prigione di Dantes, nel secondo una casa), dei tesseratti, oggetti in quattro dimensioni che non siamo in grado di percepire nel loro complesso ma di cui possiamo sperimentare solo alcuni vani alla volta.
Nel caso di Calvino ciò produce una prigione perfetta da cui è impossibile fuggire, se non forse provando ad arrivare al suo cuore; nel caso di Heinlein, invece, la casa ideale, che occupa un piccolo spazio all'esterno, ma che è immensa una volta entrati all'interno, si apre addirittura a mondi nuovi e differenti, ma la sua instabilità la porterà, semplicemente, a scomparire.
Interessante, poi, La biblioteca universale(1), dove la matematica dei grandi numeri si combina con il sogno segreto di realizzare una biblioteca in grado di contenere tutti i libri, anche quelli che ancora devono essere scritti. Kurd Lasswitz, in un racconto borgesiano (anche lui presente nella raccolta con due racconti, Il libro di sabbia e Esame dell'opera di Herbert Quain), se mi passate il termine, ha in pratica descritto Wikipedia e i progetti correlati, gestiti da Wikimedia: in fondo un sogno, anche se impossibile, va comunque perseguito, non credete?
Altro racconto che mi ha colpito particolarmente è, poi, Tennis, trigonometria e tornado di David Foster Wallace, dove scopriamo che l'ottimo scrittore statunitense aveva intrapreso una interessante carriera da tennista in gioventù, sia grazie alle particolarità climatiche e ambientali dell'Illinois, sia grazie a una incredibile capacità di intuire la matematica, la geometria e la fisica del campo da gioco. In questo modo Wallace riusciva a ottenere colpi imprendibili o a recuperare palle apparentemente impossibili, ottenendo risultati eccellenti all'interno dell'Illinois e di terreni da gioco simili, ma mediocri all'esterno di questa zona. Certo, se la passione per il tennis fosse stata maggiore rispetto a quella per la matematica, forse sarebbe anche riuscito a diventare un campione di questo sport, ma per nostra fortuna si è lasciato irretire dalla matematica e soprattutto dalla scrittura.
Gli altri racconti e della matematica in essi presente vi lascio scoprire, se avrete voglia e interesse per mettere mano su questa raccolta. E per tutto il resto ci sono i Carnevali della Matematica, o, se preferite qualcosa di più classico, la splendida serie di Altramatematica di 40k.
(1) Ciò ci porterebbe a parlare di libri infiniti, e Paolo Alessandrini ha iniziato a realizzare una guida per scrivere libri infiniti: a voi la prima parte!

I cuculi di Midwich

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Consigliato come lettura estiva da Fantascientificast, I figli dell'invasione di John Wyndhamè un classico della fantascienza, trasportato al cinema in una versione di culto, Il villaggio dei dannati del 1960 girato da Wolf Rilla, e successivamente riportato al cinema nel 1995 in una delle ultime interpretazioni cinematografiche di Christopher Reeve, il Superman cinematografico, diretto per l'occasione da John Carpenter.
La storia è tremendamente semplice e originale: in un paesotto della campagna inglese tutti gli abitanti cadono addormentati. Alcuni mesi dopo le donne "abili alla procreazione" del paese scoprono di essere incinte. Inspiegabilmente.
Lo sviluppo del romanzo mostrerà come gli esseri umani si sono trovati di fronte al primo tentativo di invasione extraterrestre, con gli alieni che adottano la tecnica del cuculo, lasciando i propri figli all'interno della comunità che così alleva i semi della sua distruzione.
C'è un che di intollerante ne I figli dell'invasione, nascosta dietro la necessità di sopravvivere a una razza più forte psicologicamente rispetto a quella umana. In un certo senso sembra quasi un romanzo perfetto per preparare la giustificazione di una guerra per la distruzione di ogni genere di intolleranza: i cuculi dello spazio, infatti, trattano quasi come degli schiavi gli esseri umani con i quali sono cresciuti, come animali che vanno uccisi se non obbediscono, se non si piegano agli ordini.
La soluzione finale è il sacrificio dell'eroe, il sacrificio del singolo che permette la sopravvivenza di molti, o che permette di rimandare l'inevitabile confronto, magari a un momento più propizio.
Nel complesso non è un cattivo romanzo: veloce, leggero, ha però quel finale inquietante, quel senso di inevitabilità nei confronti dello scontro contro i diversi, in questo caso avversari evolutivi, quel senso di preparazione alla guerra giusta, o l'idea di trovare una giustificazione alla guerra. Certo lo si potrebbe ribaltare, come la rivolta del più debole sul più forte, dello schiavizzato sullo schiavista e in questo caso, allora, forse dovremmo porci delle domande, vista la cronaca delle ultime settimane...

P.S.: in effetti c'è un sequel del film del 1960, La stirpe dei dannati del 1963 diretto da Anton Leader, molto più simile a L'ultimo domani di Antonio Bellomi o agli X-Men si Lee e Kirby che non al romanzo originale.
P.P.S.: nella sua recensione, Daniele Barbieri si è concentrato su altri aspetti, che io mi sono gettato un po' di più sulla politica (che forse non c'era nelle intenzioni dello scrittore), quindi un solo consiglio: leggetela!

Il laboratorio

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Renzo Tomatisè stato uno dei massimi ricercatori medici italiani. La sua carriera si è svolta tra Italia, Stati Uniti e Francia. In particolare la sua esperienza statunitense, iniziata nel 1959, è stata raccontata con grandissima onestà ne Il laboratorio, diventato ben presto una sorta di punto di riferimento per molti ricercatori, in particolare quelli che speravano potesse cambiare qualcosa in Italia.
In effetti, leggendo le pagine del libro, si ha la sensazione che non sia cambiata poi tanto l'Italia in questi 55 anni: continua a preparare alcuni tra i migliori ricercatori al mondo, come preparazione ed etica, ma continua a restare sostanzialmente chiusa in un sistema che, sia per mancanza di volontà (politica) sia per mancanza di possibilità (economica), non riesce a migliorare, dove per migliorare si intende essere in grado sia di riportare in Italia i propri ricercatori andati all'estero, sia di attrarre ricercatori dall'estero.
E' ovvio: ciò non vuol dire che non esistano dei punti di eccellenza, ma semplicemente che ogni gruppo di ricerca, ogni istituto compie incredibili salti mortali per portare a conclusione i lavori che vengono man mano iniziati.
I punti forti del libro, a conti fatti, sono la capacità di Tomatis di raccontare, in forma diaristica, le differenze tra il sistema statunitense e quello italiano, riuscendo con una obiettività rara a sottolineare i punti di forza e di debolezza dei due sistemi (ad esempio quello statunitense era già impegnato nell'imporre la filosofia del pubblicare a ogni costo, che in molti campi, se non in tutti, risulta decisamente deleteria per la qualità), e le interazioni umane, sia quelle con i colleghi stranieri, sia quelle con i colleghi italiani, quelli rimasti in Italia e quelli andati all'estero.
E nel complesso le cose sembrano cambiate molto poco:
Gli orientamenti della ricerca dipendono pesantemente dai canali di finanziamento ed è chiaro che questi favoriscono i progetti che sono in sintonia con gli interessi di chi li finanzia.

Ayesha

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Avevo iniziato a leggere il secondo romanzo prima ancora di acquistare il primo quando, resomi conto che era il seguito di un libro che non avevo, ne lasciai la lettura dopo poco. Ora, avendo recuperato il primo dei due romanzi, ho potuto leggere l'opera di Haggard, il creatore di Alan Quatermann, nel suo complesso, apprezzando così una saga che ha visto la pubblicazione originale delle due parti a 20 anni di distanza l'una dall'altra.
Al di là dei problemi di traduzione riscontrati nell'edizione della Newton, evidenti a maggior ragione dopo la lettura dell'edizione Sellerio, i due romanzi risultano di lettura tutto sommato semplice e veloce. In alcuni punti Haggard approfondisce alcuni aspetti filosofici, collegandoli con le dottrine orientali soprattutto: non a caso i protagonisti maschili, Leo e il suo patrigno Horace Holly, sono reincarnazioni di personaggi del passato di Ayesha. In particolare Leo è stato in una vita precedente amante di Ayesha e protagonista di un dramma terribile, un triangolo amoroso destinato a ripetersi ancora nel tempo. In tutto questo Ayesha non viene descritta come la classica femme fatale dei romanzi d'appendice o dei classici hard boiled, ma è una sorta di elementale, una incarnazione della femminilità assoluta, cui niente e nessuno ha la forza di resistere e che nessuno riesce veramente a domare se non proprio il giovane Leo. Ne risulta quasi un dramma shackespeariano, un gioco delle parti tra i protagonisti che, tra isole sperdute e monti del Tibet porterà i protagonisti a sfidare popolazioni sconosciute e l'ira di una forza più antica del pianeta stesso, qualcosa che, prendendo a prestito le parole di un famoso filosofo, "è al di là del bene e del male": Ayesha, la donna eterna.
In apertura, la Ayesha di Guido Buzzelli

Orlando

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Conoscevo il personaggio di Orlando solo grazie ad Alan Moore e al suo uso, come eroe vittoriano, all'interno della Lega degli Straordinari Gentleman. Nell'interpretazione dello sceneggiatore di Northampton, Orlando è un androgino particolare: periodicamente ogni qualche decina di anni (a volte anche un secolo) cambia sesso, passando da maschio a femmina e viceversa. Ogni sua incarnazione mantiene come caratteristica fondamentale il libertinaggio, mentre nel corso dei secoli acquisisce una malinconia di fondo dovuta più che alle esperienze vissute, alla lunghezza stessa della sua vita, allungata grazie alla sorgente che donò l'immortalità ad Ayesha.
L'Orlando originale, invece, ha una forza completamente diversa e in effetti superiore rispetto a quello di Moore, che ottiene spessore solo grazie alle caratteristiche aggiunte dallo sceneggiatore, che ha per il resto quasi completamente abbandonato la forza revisionista, femminista e antivittoriana del personaggio di Virginia Woolf.
Orlando, all'inizio, è un uomo, un condottiero, un donnaiolo, caratteristiche in comunque con il personaggio della Lega. Ha anche una vita lunga, come si comprende leggendo il romanzo, ma non c'è alcuna spiegazione su questo fatto, che non viene quasi mai espresso esplicitamente, né c'è alcuna spiegazione sul cambio di sesso che subisce, una mattina in Terra Santa, mentre intorno a lui il mondo crolla sotto la guerra.
Gli aspetti romanzati, però, necessari per il procedere della storia, servono per approfondire il personaggio (le sue reazioni al mondo esterno e a come esso si modifica nel corso del tempo) e per confrontare la società vittoriana con quella elisabettiana, di fatto rilevando gli aspetti critici della prima, diventata forse troppo pomposa e superficiale, per certi aspetti anche troppo formale. In particolare questo stacco viene sottolineato dalla trasformazione di Orlando da maschio a femmina: Orlando, infatti, è stato un maschio elisabettiano e una femmina vittoriana, e in questo ruolo, forte degli aspetti maschili del suo carattere, si permette di sfruttare il suo nuovo sesso per volgere a suo vantaggio la situazione incresciosa e decisamente nuova in cui si è andata a trovare, diventando così un veicolo letterario per la diffusione dei diritti delle donne nella società.
Orlando, però, va anche oltre il femminismo o la critica sociale, arrivando persino al pacifismo e alla tolleranza tra culture differenti: non solo come condottiero si confronta con l'islam, con la guerra, ma come donna si confronta con la cultura dei rom, come ospite, e così, tornata in patria, è diventata in un certo senso una sintesi di tutte le culture con cui era entrata in contatto in precedenza, prodotto sì di un tempo ormai perduto, ma pronta a inserirsi in una nuova società, con tutti i difetti e i pregi del caso.
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